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Debito

Sembra un male comune dell’Italia, quello di non curarsi a sufficienza, da parte della propria classe politica, dello stato della finanza nazionale e delle istituzioni territoriali e locali. Non si comprende questa debolezza, né si è mai riusciti a porvi rimedio. Eppure l’approccio al governo di una istituzione pubblica, che usa le risorse della comunità, dovrebbe da parte di chi ambisce a tale carica dimostrare di saper gestire e spendere queste risorse con “la diligenza del buon padre di famiglia”, concetto questo forgiato dall’antico diritto romano, per indicare un comportamento ispirato alla custodia della “cosa” che appartiene ad altri che, come tale, deve essere salvaguardata e restituita nella sua integrità.

È una responsabilità grande non sempre avvertita, se si analizza lo stato di salute della finanza del Comune di Torino che un parlamentare torinese, Davide Gariglio, in una recente intervista a La Stampa, ha definito “da far tremare i polsi, visti i bilanci del Comune e la sua situazione economica”. Dunque, la sfida che si giocherà sul terreno delle candidature prima, e sui programmi delle forze politiche in campo, poi, non potrà ignorare questo dato, perché chiunque avrà in mano il testimone del governo della città dovrà tenerne conto, non solo per la sua prima consiliatura, ma almeno per altre sei. Questo è quanto emerge dall’analisi dell’ultimo bilancio consuntivo del Comune di Torino, quello del 2019.

L’assoluta mancanza di liquidità (anticipata dalla Tesoreria Comunale 361 giorni su 365 per 310 milioni), il ricorso ad anticipazioni aggiuntive concesse dallo Stato (oltre 516 milioni), lo stock del debito da restituire alle banche (2,6 miliardi) e lo stesso costo annuo del debito (191 milioni) oltre ai debiti di funzionamento e di investimento (785 milioni) e alle altre spese fisse e incomprimibili, come quelle del personale, rendono la macchina comunale inchiodata in una pesante situazione di rigidità gestionale, incapace di permettere per i prossimi trent’anni di immaginare un qualsiasi programma politico, credibile, di cambiamento e di sviluppo da presentare ai cittadini. Se è vero che, come emerge dalla relazione dei Revisori, il Comune non si trova ancora a fine 2019 in stato di dissesto, tre dei quattro parametri oggettivi necessari a dichiararne lo stato, sono già stati superati e le risorse finanziarie su cui poter contare sono già ridotte al 40 per cento di quelle iscritte nel bilancio.

Il disavanzo della gestione si attesta su oltre 913 milioni di Euro, ma i crediti conservati nelle scritture contabili per oltre 1 miliardo 466 milioni fanno temere un probabile aumento nel caso in cui parte di questi debba essere dichiarata inesigibile per il tempo trascorso dalla loro formazione (inizio anni 2000). C’è da chiedersi come si sia potuto arrivare ad una situazione del genere, che ha origini lontane e responsabilità politiche equamente distribuite tra le varie amministrazione che si sono succedute. Ma non sono da meno le responsabilità amministrative che emergono da questa analisi perché la mancata riscossione di crediti, per lo più tributari, denuncia la presenza di un grave disordine amministrativo.

Le forze politiche che si apprestano a scrivere un programma per la città, dovrebbero, al primo punto, impegnarsi a cercare di rimettere in ordine i conti dell’Ente, anche se questo intento può apparire impopolare. Proprio come farebbe il buon padre di famiglia. La vera sfida – ed è qui che i polsi non devono tremare, perché questo è il nesso tra coraggio e politica – è quella di far capire ai cittadini che, senza questo risanamento, si rischia di dover spingere al massimo aliquote tributarie e tariffe dei servizi pubblici, in una situazione già di grave crisi dell’economia della città, o di ridurre drasticamente i servizi pubblici a loro prestati. E richiede anche una grande coesione e impegno delle forze politiche che vogliono ritenersi responsabili verso la comunità e a cui vogliono assicurare benessere e una vita migliore.

Fonte: https://www.laportadivetro.org/chi-vuole-governare-torino-sa-quanto-ce-in-cassa/

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