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Debito

Il devastante impatto della pandemia da COVID 19 richiede all’Europa di dotarsi di una capacità finanziaria straordinaria per far fronte alle conseguenze che ricadono sulle economie dei Paesi membri. Le risorse finanziarie dovranno essere di entità eccezionale per evitare di aggiungere ulteriore pressione sulle finanze degli stati membri, i cui bilanci sono già sottoposti a grandi sollecitazioni per finanziare le misure economiche e sociali varate in risposta alla crisi.

L’Unione ha quindi conferito alla Commissione Europea il potere di contrarre prestiti sui mercati dei capitali le cui risorse saranno destinate ai paesi membri esclusivamente per fronteggiare le crisi causate dalla pandemia. Lo strumento individuato è quello della Next Generation EU, in gergo giornalistico indicato anche come Recovery Fund, che si affianca al bilancio settennale dell’Unione 2021 – 2027, integrandolo per creare opportunità senza precedenti nella storia della stessa Unione, al fine di assicurare una risposta forte alla crisi, anch’essa senza precedenti.

La sfida che dovranno affrontare tutti i Paesi membri è quella di dimostrarsi capaci di utilizzare, nei tempi e con le condizioni imposte, tali risorse nel modo migliore possibile per sfruttare in pieno le opportunità offerte da questa eccezionale occasione di ricostruzione dell’economia dei propri Paesi.

La convinzione che sembra tuttavia predominare nel dibattito politico italiano è quella che, con il Recovery Fund, arriveranno nel nostro Paese consistenti risorse finanziarie, di cui buona parte in regalo e senza particolari condizioni da rispettare. Nella realtà tali risorse non sono affatto gratis e le condizioni per averle e poterle spendere sono ben indicate nei documenti ufficiali della UE.

Il 27 maggio 2020, in piena crisi pandemica mondiale la Commissione Europea ha proposto lo strumento eccezionale, temporaneo e limitato per la ripresa Next Generation EU, con una dotazione di 750 miliardi di euro, e con un rafforzamento finalizzato del bilancio a lungo termine dell'Unione Europea per il periodo 2021-2027. Ci saranno in totale più di 1.800 miliardi di Euro a beneficio dei Paesi membri per riparare i danni causati dalla pandemia, dalla conseguente crisi economica e per preparare un futuro migliore per la prossima generazione in un’Europa più moderna e sostenibile.

Una decisione che non ha casi analoghi nella storia europea e che si prefigge di creare una ripresa inclusiva, uniforme ed equa per tutto il suo territorio, ma soprattutto per il nostro Paese che beneficerà, più di ogni altro, di risorse straordinarie, mai ricevute prima d’ora.

Il 21 luglio 2020 il Consiglio Europeo ha approvato il pacchetto complessivo di risorse per 1'824,3 miliardi di €uro, suddiviso nelle due linee di finanziamento, la prima relativa al bilancio europeo – quadro finanziario pluriennale 2021÷2027 - per 1.074,3 miliardi, la seconda per la Next Generation EU - di 750 miliardi, di cui 360 miliardi destinati alla concessione di prestiti agli stati membri, e 390 miliardi per finanziare le spese. Il sostegno è limitato nel tempo al fine di impedire la ripresa della crisi; pertanto tutti gli impegni giuridici dei programmi finanziati con tali risorse supplementari dovranno essere assunti entro e non oltre il 31 dicembre 2023.

I passi successivi, compiuti negli ultimi due mesi dell’anno 2020, hanno riguardato il raggiungimento dell’accordo da parte del Parlamento Europeo e degli Stati membri sulla distribuzione delle risorse e l’approvazione del bilancio europeo (16 dicembre 2020 con 548 voti favorevoli, 81 contrari e 66 astensioni) con ulteriori risorse aggiuntive di 16 miliardi di Euro, di cui 15 per rafforzare programmi chiave tra cui sanità, ricerca, cultura, politica comune su migrazione e asilo ed Erasmus+. Nella stessa data è stato approvato il regolamento che disciplina l’uso delle risorse finanziarie stanziate e che pone vincoli al rispetto dello stato di diritto, la cui introduzione rappresenta una novità.

  Un insieme di risorse finanziarie che raggiungerà i 1'850 miliardi per affrontare una crisi che ha causato la morte di migliaia di persone ed ha avuto conseguenze disastrose per i cittadini, i lavoratori e le imprese.

La Commissione dovrà contrarre i prestiti non oltre il 2026 e tutte le passività indotte dal potere eccezionale e temporaneo conferitole, dovranno essere rimborsate integralmente e al più tardi entro il 31 dicembre 2058. Essa ha già iniziato ad assumere prestiti sui mercati finanziari internazionali attraverso un’emissione consistente di titoli europei di debito a costi molto favorevoli - addirittura con interessi negativi - i cui importi saranno redistribuiti tra i Paesi membri. I costi a medio e lungo termine derivanti dal rimborso del debito contratto per finanziare lo strumento di ripresa non andranno a ridurre i programmi di investimento già esistenti né dovranno tradursi in richieste di maggiori contributi da rivolgere agli Stati membri.

Il finanziamento del bilancio europeo avverrà con le risorse proprie tradizionali, con quelle conferite dagli Stati membri e con il rafforzamento del lato delle entrate, attraverso l’introduzione di nuove risorse proprie che serviranno a restituire il debito contratto per finanziare l’iniziativa Next Generation EU

La decisione sulle risorse proprie - cioè l’istituzione di tasse riscosse direttamente dall’Unione Europea con un accordo interistituzionale - da inserire nel bilancio dovrà rispettare, nei prossimi sette anni, una tabella di marcia giuridicamente vincolante, essere sufficiente a coprire i futuri costi di rimborso del prestito e dei connessi oneri, ed essere ratificata da tutti i paesi dell'UE, conformemente ai loro obblighi costituzionali.

Oltre al contributo basato sull’uso di imballi di plastica non riciclati a partire dal 2021, (art. 2 c. 1 lett. c) Decisione 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020) la tabella di marcia prevede, secondo quanto stabilito dal Consiglio Europeo del 17-21 luglio 2020, una risorsa propria basata sul sistema di scambio delle quote di emissione di carbonio (ETS) (dal 2023, eventualmente collegata a un meccanismo di adeguamento), un prelievo digitale (dal 2024), nonché una risorsa propria basata su una imposta sulle transazioni finanziarie (ITF) oltre a un contributo finanziario legato al settore delle imprese o una nuova base imponibile comune per l'imposta sulle società (dal 2026).

Tale percorso, coerente con gli obiettivi stabiliti dalla Commissione sul futuro delle finanze dell’ UE nel giugno 2017, di collegare le risorse proprie in modo più visibile alle politiche dell’Unione - mercato unico e crescita sostenibile - potrebbe provocare effetti positivi quali un maggiore accentramento impositivo, una evoluzione nelle forme accentrate di rappresentanza nonché una accelerazione verso un federalismo politico-istituzionale della stessa Unione.

La protezione dei valori dell’Unione, del suo bilancio e dei soldi dei suoi contribuenti è assicurata dalle tre istituzioni europee – Commissione, Consiglio e Parlamento - attraverso una nuova procedura che istituisce un dialogo costruttivo e l’impegno a riunirsi regolarmente per valutare l’utilizzo dei fondi messi a disposizione. La spesa dovrà essere gestita in modo trasparente e il Parlamento, insieme al Consiglio, controllerà eventuali scostamenti dai piani nazionali precedentemente concordati.

Il Piano nazionale di ripresa e di resilienza #NEXT GENERATION ITALIA.

Una prima bozza è stata approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021 e, stando alle stime, potrebbe aumentare il PIL italiano di 3 punti percentuali. Essa può contare su 223,9 miliardi di €uro, il cui programma di utilizzo si articola, attualmente, in sei macro – missioni e una cinquantina di linee di intervento. E’ previsto che tale programma sia però rivisto dal nuovo governo Draghi, che si sta formando in questi giorni, su cui pare convergere il consenso di buona parte delle forze politiche dell’arco costituzionale ma anche dell’opinione pubblica. Le aspettative sono quelle che il nuovo Governo, deputato in primis a gestire le risorse assegnate all’Italia, possa risolverne i molti problemi indirizzandola verso una nuova fase politica capace di rimetterla sui binari di una ripresa economica e produttiva, dopo anni di stagnazione, aggravata ora dalla crisi pandemica.

Il Piano italiano dovrà essere accompagnato da un robusto piano di riforme, perché le linee di investimento dovranno essere associate all’adozione di una strategia di riforme di sistema , come elemento “abilitante” e catalizzatore, in linea con le “raccomandazioni” fatte all’Italia dalla Commissione europea. La realizzazione delle riforme diventa quindi parte integrante dell’attuazione del piano nazionale che dovrà essere anche strutturato coerentemente con gli obiettivi del Green Deal – il grande progetto UE per la sostenibilità.  Un compito di non facile attuazione se si considera che alcune delle riforme, sono in attesa di essere adottate e completate da anni, come quella delle relazioni tra governo centrale, regioni e amministrazioni locali, il cosiddetto “federalismo fiscale”, dove manca la definizione di parametri chiave per alcune funzioni. C’è poi la riforma della fiscalità e del catasto, con l’attenzione dell’Unione puntata sulla elevata evasione fiscale molto diffusa nel nostro Paese, stimata in oltre 109 miliardi di Euro all’anno, la riforma della giustizia, dove la scarsa efficienza del sistema italiano resta problematica per i tempi di risoluzione dei contenziosi civili e commerciali, ampiamenti superiori a quelli della UE. Ma, altrettanto necessaria è la riforma della Pubblica Amministrazione, che sarà chiamata a interagire con i propri diversi livelli di governo, nazionale e locali, per la gestione delle consistenti risorse del Recovery Fund in presenza di scarse e obsolete competenze e di eccessiva burocratizzazione.

All’Italia l’Unione Europea chiede, oltre alla realizzazione di importanti riforme di sistema, di tenere in debito conto le “raccomandazioni”, prima di tutte quella che riguarda l’elevato debito pubblico italiano, che rappresenta una fonte di vulnerabilità per l’economia e un rischio per lo stesso bilancio europeo, l’alto tasso di disoccupazione, soprattutto femminile e dei giovani, gli insufficienti investimenti nel capitale umano come la spesa per l’istruzione e la formazione, la più bassa dell’UE; le disparità regionali soprattutto tra nord e sud d’Italia. Le oltre cento pagine della Relazione della Commissione Europea che riportano le “raccomandazioni” rivolte all’Italia, forniscono al lettore un’immagine della realtà italiana non certo esaltante.

In ultimo, l’utilizzo delle risorse straordinarie in investimenti “buoni”, capaci di generare valore aggiunto, i cui effetti sul territorio dovranno essere misurati per ottenere il disco verde della Commissione, secondo il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza sociale ed economica, oltre che dell’effettivo contributo alla transizione verde e digitale. Ma soprattutto gli investimenti per essere rimborsati dovranno essere realizzati nei tempi previsti, entro la fine del 2026. E quest’ultimo requisito rappresenta forse la sfida più importante per l’Italia, che ha dimostrato di essere lo stato europeo, penultimo solo alla Croazia, per la capacità di spendere i fondi strutturali dell’ultima generazione 2014÷2020.

Tutte condizioni, quelle descritte, che se rispettate potrebbero diventare un’occasione unica per cambiare in meglio il nostro Paese,

Il termine ultimo per la presentazione dei PNRR a Bruxelles è fissato al 30 aprile 2021. E’ evidente che l’approvazione del “piano di ripresa e resilienza italiano” da parte delle istituzioni europee e l’efficiente e adeguato utilizzo nazionale delle risorse finanziarie, derivanti da questa auspicabile approvazione, richiederanno un forte investimento politico istituzionale, condizione necessaria per recuperare fiducia fra gli Stati membri e fra l’Unione europea e i suoi cittadini.

 


Pubblicato su rivista “QUALEDUCAZIONE” N. 99

 

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