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Creato: Domenica, 19 Gennaio 2020 00:00
L'evasione fiscale periodicamente torna sotto i riflettori, viene dibattuta per qualche giorno, poi scompare per un anno.
L'evasione fiscale “è grave e indecente”, ha affermato il Presidente della Repubblica in un incontro con giovani studenti. Ma alla domanda di uno studente: “perché è difficile combatterla?” la sua risposta è stata di rito: “è un'esaltazione della chiusura in noi stessi di un individualismo esasperato”.
I riflettori si sono accesi, anche su una dichiarazione di Papa Francesco fatta agli imprenditori focolarini; che si scaglia contro l'evasione e l'elusione. Il Papa ricorda: “che la solidarietà viene negata dalla evasione ed elusione delle tasse, che, prima di essere atti illegali sono atti che negano la legge basilare della vita, il reciproco soccorso umano”.
Che la furbizia di non pagare le tasse fosse un “peccato”, la dottrina sociale della Chiesa l'ha ricordato più volte nel passato, ma è rimasto un appello inascoltato.
A guidare la classifica dei paesi, con la maggiore evasione in Europa, è l'Italia. Lo documenta una ricerca europea che stima in 190- 220 miliardi annui l'evasione di tasse: il doppio di quanto avviene in Inghilterra e in Francia e, se consideriamo la popolazione, il doppio anche rispetto alla Germania .
Sarebbe il momento che il mondo cattolico progressista, (forte di un appoggio anche nel capo della Chiesa) prendesse un'iniziativa forte contro l'evasione e l'elusione,
contro i furbetti che sfruttano i servizi della collettività: scuola, salute, welfare pagati dalle tasse dei cittadini onesti. I dati che seguono dicono chi sono i “furbetti dell’evasione” e quale rilevanza abbia l’evasione fiscale in Italia.
L’evasione in Italia
Per capire la gravità ricordiamoci queste cifre: tutto il sistema scolastico costa circa 70 miliardi di euro; il sistema sanitario costa circa 120 miliardi, quello pensionistico circa 170, miliardi.
Adesso con queste cifre a riferimento, vediamo “senza parole” alcuni dati sull'evasione/elusione:
- l'evasione complessiva è stimata in Italia (secondo alcuni documenti) da 190 a 220 miliardi di euro/anno (dati ISTAT, DEF, commissione Giovannini, Commissione Europea).
- nei primi mesi del 2019 l’evasione è cresciuta del 3,8% (pari a 18 miliardi sottratti al fisco), grazie anche ai provvedimenti del governo precedente (Salvini-Di Maio), sul lavoro autonomo e condono.
- l'evasione rappresenta il 12% del PIL, prodotto interno lordo, con un tax gap del 23,2%, cioè su 100 euro di tasse, 23 euro sono evasi.
- i lavoratori dipendenti e pensionati pagano allo stato 81% di tutte le tasse e contributi. L'evasione stimata tra i lavoratori dipendenti e pensionati è pari allo 7,4%.
- l'evasione nei lavoratori autonomi e professionisti nel 2017 è stimata al 69,6% per ISTAT,e al 68,2 % per la commissione Giovannini, per un importo evaso di 46 miliardi (ISTAT) e 33 miliardi (Giovannini).
I lavoratori autonomi sono 5,3 milioni su 23,4 milioni di occupati. Su un totale di 97 miliardi di IRPEF evasa, un terzo dell’evasione è dei lavoratori autonomi. Numerose sono le omissioni di dichiarazione dei redditi. Le categorie più coinvolte sono commercio all'ingrosso e al dettaglio, artigiani, ristorazione, trasporti, e professionisti.
Cause dell’evasione
Viene da chiedersi, perché negli altri Stati europei non ci sia questo livello scandaloso d’evasione? La risposta è semplice! È quella che il Presidente della Repubblica non ha avuto il coraggio di dire allo studente:
- Leggi compiacenti agli evasori, con privilegi ingiustificati, buchi normativi, maglie larghe nelle interpretazioni, che consentono evasione ed elusione fiscale. L’elusione, altro non è, che un’evasione legalizzata, utilizzando i “silenzi e buchi “delle leggi. Basta avvalersi d’un bravo commercialista. L’auto-dichiarazione, priva di parametri per categoria, riconosciuta al lavoro autonomo, è certamente un privilegio.
- Scarsi o nulli i controlli, un’Agenzia delle Entrate sotto organico, voluta dai governi inefficiente per non inimicarsi bacini elettorali contesi da tutti i partiti. Soltanto 2000, sono stati i controlli sul lavoro autonomo, un numero insignificante.
Per lavoratori dipendenti e pensionati i controlli sono generalizzati, affidati ad un computer che “incrocia” i dati ricevuti dai datori di lavoro o dall’INPS.
Per il lavoro autonomo è inesistente il rischio di veder “incrociato” il proprio tenore di vita con il reddito dichiarato. Ancora più difficile è scovare coloro che pur avendo redditi non fanno alcuna dichiarazione.
- Certezza dell’impunità per i livelli di ricorso giudiziario e i ripetuti condoni.
In caso di accertamento, l’evasore “professionista” può avvalersi dei vari livelli di ricorso giudiziario, i tempi lunghi, la certezza che prima o poi arriva un condono. Un condono o sanatoria che” lava tutto con quattro soldi”.
Confidava un dirigente locale dell’Ufficio Imposte: “ti viene assegnato d’ufficio un certo numero di indagini e controlli da fare: indaghiamo i casi meno problematici”.
Grandi settori d’evasione
Ma l'evasione non è solo quella del reddito autonomo e professionale, vi sono altri settori di evasione rilevanti e scandalose che necessitano d’interventi di contrasto.
Lavoro nero (evasione di sopravvivenza), stimata 34 miliardi, riguarda circa 2,9 milioni di lavoratori (incluso 850 mila lavoratori dipendenti con doppio lavoro). Nei documenti è definita da lavoro nero che io chiamerei evasione da sopravvivenza, dato che coinvolge gli ultimi della scala sociale.
Economia criminale, evasione stimata 78 miliardi; organizzazioni mafiose italiane e straniere, in forte aumento nelle regioni del nord d’Italia: gioco d’azzardo, droga, prostituzione.
Società di capitali (escluso grandi imprese), evasione stimata 22 miliardi. Il 78% di società di capitale dichiarano redditi negativi o meno di 10.000 euro… Ci sono società a chiusura programmata, chiudono ogni cinque anni, non pagando tasse, fornitori, lavoratori; le cosiddette società di comodo o teste di legno. Uno “sport” molto diffuso,
Big company, evasione stimata 37 miliardi. Le grandi società: una su tre chiude in perdita e non paga alcuna tassa. Il 94% delle grandi imprese usano il ”transfer pricing”, cioè spostano costi, ricavi, fatturazione, in paesi di comodo, dove c’è minore imposizione e soprattutto non vi sono controlli fiscali.
Il drago cinese: l’evasione su import/export
Sovra-fatturazione e sotto-fatturazione: un’evasione esplosa con la globalizzazione, avviene attraverso l'import-export. Un aneddoto per rendere più semplice la comprensione.
Cina, Shanghai, con una delegazione Coop Nordest, visitiamo alcune fabbriche, una di queste è abbigliamento per bambini. I capi prodotti avevano già il prezzo di vendita in euro, (mediamente i prezzi oscillavano dai 15 ai 40 euro a capo). Chiedo al direttore il costo medio di fabbrica: “meno di 4 dollari al pezzo”, rispetto ai 15/40 del prezzo di vendita.
Sempre a Shanghai, un grande palazzo moderno, dove lavorano oltre mille persone, sede di una “Trade Company”, una società che mette in collegamento i compratori occidentali e i produttori cinesi. Il direttore: “voi ci portate il campione e entro due mesi avete il prototipo pronto ad entrare in produzione. Noi troviamo il produttore cinese, organizziamo il trasporto della merce in Italia, la fatturazione e i pagamenti. Diteci soltanto a quale prezzo i prodotti devono entrare alla dogana italiana e, dove volete che sia lasciato il valore aggiunto (la differenza tra il prezzo pagato al produttore cinese e il valore fatturato per la dogana). Volete Hong Kong, Monaco, Panama? Pensiamo noi ad organizzare il tutto! Una persona che parla italiano sarà sempre a vostra disposizione, incaricata a gestire i rapporti tra voi e l’impresa cinese”. Poi aggiunge: “Se volete ridurre le tasse sui profitti fatti in Italia vi possiamo aiutare anche per questo”.
Tutto organizzato: prodotto ed evasione “chiavi in mano”, incluso il paradiso fiscale. Un sistema semplice e vorrei dire “trasparente” al quale grandi e piccole imprese possono rivolgersi...
Nei paradisi fiscali sono stimati, ben 142 miliardi d’evasione fiscale italiana (dati UE).
Abbiamo dunque centinaia di miliardi d’evasione, evasione conosciuta allo Stato. Ma per cercare 25 miliardi per la finanziaria il governo s’è dovuto arrampicare sugli specchi e, per metà delle risorse le ha caricate nell’aumento del debito pubblico.
Di fronte a questa realtà, come dice il Papa: “Bisogna allora puntare a cambiare le regole del gioco del sistema economico sociale, imitare il buon samaritano del Vangelo non è sufficiente ... occorre agire, soprattutto prima che l'uomo si imbatta nei briganti”.
Politica e solidarietà
Cambiare le regole è compito della politica, i cattolici e laici progressisti, che credono nella solidarietà, possono e devono dare un loro contributo:
- nel dire no ad una flat tax che è l'esatto opposto della solidarietà, perché “fare misure uguali fra diseguali non è fare giustizia, ma la più subdola delle ingiustizie”.
- dire sì ad un'Europa più forte, a cui rivendicare norme che contrasto all'evasione internazionale. Ricorda Papa Francesco: “quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico scopo, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto”.
- lotta all’evasione che faccia leva sul contrasto d’interessi. Perché non dare la possibilità ai cittadini con un semplice SMS di poter segnalare al fisco l’evasione dei furbetti? Perché non “premiare” fiscalmente coloro che aiutano a portare alla luce del sole evasori ed evasione?
- un’Agenzia delle entrate moderna dotata di tecnologie e risorse umane. Un’Agenzia che non si accontenti di avallare autocertificazioni clamorosamente false sia delle persone che delle imprese!
- la galera agli evasori prevista dai provvedimenti del governo, può andar bene, ma se le procedure restano le stesse, è fumo negli occhi. Far finta di cambiare tutto per non cambiare nulla.
- accertare i veri poveri dai poveri fiscali nei beneficiari della solidarietà; dalla scuola alla sanità, nell’assegnazione di case popolari e nell’accesso agli asili, ecc. troppi sono i falsi poveri che beneficiano di esenzione ticket e agevolazioni. Servizi che la collettività paga per loro. Poveri perché evasori. Poveri per il fisco, ma benestanti o ricchi per il tenore di vita. Anche su questo occorrono segnali di maggior rigore.
La lotta all’evasione non può essere fatta a colpi di comunicati stampa, o improvvisata sotto l’urgenza di una finanziaria da varare. Fatta seriamente va studiata: ogni tipologia richiede strumenti specifici, personale preparato, accordi internazionali.
Inoltre c’è evasione ed elusione, moralmente sono la stessa cosa, ma legalmente sono diverse. Ai cattolici e ai laici impegnati in politica e nel governo, portatori di valori di solidarietà, chiediamo un segno incisivo e forte contro l’evasione e l’elusione. Questo, a partire dalle evasioni più scandalose fatte (non dalla povera gente) ma da classi benestanti e dalle imprese.
Non credo che Papa Francesco assolverebbe un cattolico che si presentasse in confessionale a dire: “padre perdonatemi perché ho evaso”. Forse il perdono lo potrebbe trovare in un vescovo che in un corso di preparazione al matrimonio dichiarava ai giovani in procinto di sposarsi che: “la separazione vera è un peccato, ma se la separazione è per pagare meno tasse allora…”. Allora cosa? vorremmo chiedergli!
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Creato: Lunedì, 04 Novembre 2019 00:00
Finalmente in Italia si parla di evasione fiscale, una piaga che mediamente fa mancare alle casse pubbliche 110 miliardi l’anno, peggiorando il debito pubblico e facendo mancare le risorse necessarie a progetti sociali e ambientali di importanza strategica. E bene ha fatto Eugenio Mazzarella a porre l’accento sul fatto che il problema non si risolve con iniziative tanto impressionanti quanto inefficaci, ma con provvedimenti che sanno colpire alla base le cause dell’evasione.
Bella l’espressione “stato di pulizia” a indicare che l’evasione è frutto di decadimento morale, civico, amministrativo, una triade che spinge a considerare lo stato un nemico da truffare, piuttosto che la comunità da curare. Allora è chiaro che per vincere la battaglia dell’evasione fiscale bisogna agire contemporaneamente su più piani. Quello della spesa pubblica per eliminare le inefficienze e gli sprechi che minano il rapporto di fiducia fra stato e cittadini.
Quello educativo per ricostruire il senso di rispetto e di coesione sociale senza il quale non esiste convivenza civile. Quello contributivo per rendere il prelievo al tempo stesso equo, semplice e certo, precondizioni per ottenere non solo l’adesione, ma la collaborazione dei cittadini. Molti governi, infatti, stanno sperimentando che l’evasione non si vince contro, ma con i cittadini.
Analizzando l’ultimo rapporto sull’economia non osservata, redatto dal Ministero dell’economia, si constata che tre voci formano, da sole, circa l’80% dell’evasione fiscale: evasione dell’Irpef (36,5%), evasione dell’Iva (33%), evasione dei contributi sociali (10%). Per ognuna di esse vanno individuate misure di contrasto specifiche. L’evasione contributiva si riferisce al mancato pagamento all’Inps dei contributi sociali. Nel 2016 si è trattato di 11,2 miliardi di euro leggermente in salita rispetto al 2013 quando era a 10,3 miliardi. Complessivamente il corrispettivo salariale su cui nel 2016 non sono stati versati i contributi sociali ammonta a 29 miliardi di euro e rappresenta il 5,9% di tutti i salari lordi pagati nell’anno. Assunzioni in nero, verrebbe fatto di pensare. E in parte sicuramente si tratta di compensi a lavoratori totalmente sommersi. Ma il rapporto avverte che oltre al lavoro nero esiste anche il lavoro grigio, lavoro con un paravento di regolarità, che in parte, però, è pagato in forma irregolare. Complessivamente il rapporto ritiene che la proporzione dell’evasione si distribuisce quasi equamente tra sommerso totale e parziale. Ritiene anche che il lavoro parzialmente sommerso sia favorito dall’esistenza di una pletora di contratti atipici che permettono al datore di lavoro di scegliere quello meno oneroso al solo scopo di avere una copertura di legalità in caso di controlli. Se ne deduce che per un’azione efficace contro l’evasione contributiva serve sia una rivisitazione delle forme di contratto atipiche oggi ammesse dalla legge, sia un rafforzamento delle forme ispettive. Nell’ultimo decennio il numero di aziende ispezionate è andato progressivamente calando passando da 342.363 nel 2007 a 144.163 nel 2018. Attualmente in tutta Italia il numero degli ispettori si aggira sulle seimila unità ed anche se sono previste 1800 nuove assunzioni, si tratta sempre di una dotazione inadeguata al compito da assolvere.
L’evasione dell’Iva si distingue in imposta non dichiarata e imposta dichiarata ma non versata. Nel 2017 la prima è stata pari a 27 miliardi, la seconda a 10 miliardi. Complessivamente si è trattato di un mancato gettito pari al 27,4% dell’imposta potenziale. Rispetto al 2012, nel 2017 l’IVA non incassata è cresciuta di quasi un miliardo. Per arginare la falla recentemente si è deciso di adottare la fatturazione elettronica mentre si sta pensando di imporre limiti all’uso del contante a favore dei pagamenti tracciabili con carte di credito. Nel 2017, sulla falsariga di quanto era già stato sperimentato in altri paesi europei, la legge di bilancio varò anche la lotteria degli scontrini. Ora questo governo sembra intenzionato a farla partire. In pratica ogni scontrino, in base al suo valore, darà diritto ad ottenere dei biglietti da estrarre in una lotteria dedicata. Il Portogallo è il paese europeo in cui la misura ha incontrato il maggiore successo. Introdotta nel 2014, la "fatura da sorte", ha visto un’adesione crescente all’iniziativa, facendo triplicare in cinque anni, il numero degli scontrini emessi.
Contemporaneamente è stata anche data la possibilità ai cittadini di poter dedurre dalle proprie imposte il 15% del valore dei servizi acquistati con fattura da veterinari, meccanici, saloni di bellezza, ristoranti. Anche il governo italiano sta progettando una misura analoga, ma solo per gli acquisti effettuati con moneta elettronica, che sembra volta più a incoraggiare l’uso dei pagamenti elettronici che a collaborare contro l’evasione fiscale. Per una lotta su grande scala contro l’evasione dell’Iva sarebbe utile estendere le detrazioni a tutte le collaborazioni professionali e con qualsiasi mezzo di pagamento.
E il tema delle detrazioni ci porta all’ultima grande voce evasa che è quella dell’Irpef. Il rapporto dice chiaramente che a evadere l’imposta sul reddito delle persone fisiche sono principalmente i lavoratori autonomi. Su un totale di Irpef evaso nel 2016 pari a quasi 40 miliardi di euro, l’85% era attribuibile ai lavoratori autonomi. Dunque serve la collaborazione dei cittadini per permettere all’erario di determinare i redditi di queste categorie e ottenere la loro parte di contribuzione. Ma un’altra misura che ormai molti invocano per fare emergere l’evasione è la così detta verifica di congruità, che significa appurare se c’è coerenza fra redditi dichiarati e tenore di vita. Se una persona che non presenta dichiarazione dei redditi perché si ritiene esente, poi possiede una casa di categoria alta, un’auto di lusso e un conto in banca sostanzioso, qualche problema forse c’è. Di qui l’idea di chiedere a tutti i nuclei familiari, di compilare periodicamente il proprio stato patrimoniale e reddituale, per permettere allo stato di conoscere la condizione in cui versa ogni famiglia italiana e poter quindi agire di conseguenza. Non solo il diritto di chiedere il versamento di un’imposta se il valore reddituale e patrimoniale è al di sopra di un certo livello, ma anche l’obbligo di versare un sussidio a chi risulta al di sotto di una certa soglia. Una sorta di reddito di cittadinanza automatico e incondizionato, magari associato allo svolgimento di lavori socialmente utili da effettuare al servizio di enti locali o associazioni di volontariato accreditate. A ricordarci che il compito primario dello stato è garantire l’equità e la dignità di ogni cittadino, chiedendo a tutti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva come prescrive l’articolo 53 della Costituzione.
(pubblicato da Avvenire il 31 ottobre 2019)
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Creato: Giovedì, 24 Ottobre 2019 00:00
C’è un mantra che sta rovinando l’Italia da più di vent’anni, in un Paese ipocrita da sempre, e da sempre diviso fiscalmente tra "furbi" e "fessi". Con la politica anche in queste ore dilaniata (se di governo) e mobilitata (quando di opposizione) a carezzare i "furbi", e mai a porsi davvero il problema dei "fessi".
E questo mantra è: «Meno tasse». Che nessuno è mai in grado di abbassare, perché per farlo bisognerebbe farle pagare ai cosiddetti "furbi", cioè i fiscalmente disonesti, e nessuno lo vuol fare, perché il calcolo è sempre la meschinità della propria partita IVA elettorale: "Quanto mi costa in termini di consenso?". E così le tasse continuano a pagarle, come devono, i "fessi" cioè soprattutto (anche se non solo) i cittadini a reddito fisso e i pensionati.
Molto pochi – e tra questi il giornale che accoglie queste note – hanno il coraggio di dire che quel «meno tasse», su chi effettivamente le paga, e che davvero meriterebbe di pagarne meno, se venisse attuata stante l’attuale evasione, vorrebbe dire meno scuola, meno università e ricerca, meno insegnanti e docenti, cioè, quelli che insegnano ai nostri figli; meno sanità pubblica, quella che cura tutti anche i più poveri; meno forze dell’ordine e meno vigili del fuoco (quelli che ci lasciano la pelle per noi, quando va male); meno trasporti pubblici (quelli su cui in più di mezz’Italia imprechiamo ormai la mattina quando andiamo a lavoro); meno welfare per le famiglie, i deboli e i più deboli (che non sappiamo a chi lasciare).
Nessuno o quasi, poi, ha il coraggio di dire che siamo largamente una società di ipocriti, che ruba il presente e il futuro a se stessa e ai propri figli. E che vilmente, con disonestà intellettuale negli argomenti del dibattito pubblico quando si cerca di argomentare la necessità di far pagare le tasse a quella o questa categoria di evasori ed elusori, mette in campo, legati sulle torrette dei carri armati della retorica, l’«evasione di necessità» del piccolo commerciante della Barbagia o del giovane che avvia una partita Iva, per difendere le vetrine di lusso e le partite Iva che frazionano la loro attività per ritrovarsi al di sotto della soglia utile della flat tax, e interi comparti che statisticamente le tasse le evadono o le eludono in misura che non ha pari nel mondo civilizzato. E ogni volta che si parla di qualche misura che contrasti in modo più incisivo l’evasione, tira fuori lo «Stato di polizia».
Argomento patetico in un Paese che non riesce neanche a pagare come meritano i poliziotti e i carabinieri per l’ordinaria amministrazione della sicurezza pubblica. Studi, che nessuno può smentire, dicono ad esempio che l’IRPEF pesa sempre di più su lavoratori e pensionati, fino all’83%, mentre negli ultimi 15 anni è invece calato il contributo di autonomi, imprenditori e beneficiari di redditi da partecipazione.
Con una giungla di detrazioni e deduzioni e numerose situazioni paradossali che colpiscono i contribuenti a ridosso delle soglie di esenzione, a partire dai circa 5 milioni di incapienti che non riescono a godere delle agevolazioni. È l’ingiustizia messa a norma, difesa in una comunicazione pubblica e politica tutta impegnata a far capire al Paese fiscalmente 'disonesto' – e in gran parte non per necessità, ma per vocazione – che nulla cambierà e che 'chi sa' può stare tranquillo.
Il messaggio «meno tasse» funziona erga omnes, perché dice al Paese dei 'fessi' che le pagano 'avete ragione, non se ne può più', e al Paese dei furbi 'state tranquilli, non ve le farà pagare nessuno'. In un Paese diviso, dove in modo sordo moltissimi 'rubano' agli altri, fa sentire a ognuno quel che vuol sentire. E anche la distinzione 'grandi' e 'piccoli' evasori, su cui si può fare ogni ragionevole valutazione, vale fino a un certo punto. Perché chi è il 'grande' evasore? La multinazionale, che è piuttosto un grande elusore che va colpito come misure idonee? Un signore che evada 50mila euro annui, che non è certo l’evasione o l’elusione milionaria, che lo faccia per trent’anni avrà goduto in quel periodo di un reddito aggiuntivo di un milione e mezzo esentasse: i suoi figli avranno scuole migliori, sanità migliore, vita migliore e magari tre o quattro appartamenti in eredità quando sarà il momento, più dei figli dei tanti che questa franchigia fiscale fai-da-te non l’hanno goduta.
Ma come credete che si sia creata la ricchezza privata degli italiani mentre cresceva il loro debito pubblico? Con la loro sola propensione al risparmio? O in quel risparmio (e nel debito pubblico) non è confluita la franchigia fiscale di massa garantita spudoratamente a milioni di soggetti fiscali? A mio parere una buona misura per recuperare parte di questa franchigia potrebbe essere, nella successione ereditaria, la tassazione dei beni mobili e immobili con aliquote significative in analogia al rientro dei capitali all’estero, sulla parte incoerente e ingiustificata con i redditi dichiarati nella storia fiscale del nucleo familiare.
Insomma se un contribuente ha dichiarato nella sua vita fiscale due milioni di reddito e lascia beni ingiustificati dalla capacità di risparmio di quella storia fiscale qualche problema ci sarà o no? Una norma del genere basterebbe da sola a far dichiarare redditi più credibili, come pure una norma che impegnasse a segnalare ogni acquisto rilevante all’Agenzia delle entrate, perché valuti se è compatibile con la storia fiscale degli ultimi dieci o vent’anni dell’acquirente. Stato di polizia? Ma no! «Faciteme ’o piacere», direbbe il mio Totò. Stato di pulizia, piuttosto. Perciò ben venga la determinazione del governo Conte a impegnarsi contro l’evasione fiscale. L’Italia sarà un Paese che cambia solo se cambierà su questo terreno. Il resto sono chiacchiere.
Eugenio Mazzarella
(tratto dal sito avvenire.it – 22 ottobre 2019)