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Fisco

Anche a voler pensar bene, appare quanto meno singolare che nel corso di una delicatissima trattativa europea finalizzata a cercare soluzioni adeguate per uscire dalla crisi pandemica, sia proprio l’Olanda, il più grande paradiso fiscale, a predicare l’austerity, a impedire l’emissione di Eurobond e a dire no a qualunque forma di solidarietà «comunitaria». Non meno singolare, d’altro canto, che siano proprio le grandi aziende appartenenti ai Paesi danneggiati dai dictat olandesi, ad arricchire il suo erario versando ogni anno decine di miliardi.

Molte, infatti, le aziende europee che stabiliscono la loro sede legale o fiscale, o quella di una loro consociata, nei Paesi Bassi. Tra queste, importanti aziende italiane come EXOR (finanziaria di casa Agnelli), FIAT Crysler Automobiles (FCA), Ferrari, Cementir (di Francesco Gaetano Caltagirone), Mediaset (famiglia Berlusconi), Campari Group (famiglia Garavoglia), Illy e Ferrero (omonime famiglie), Prymian group (Pubblic Company), Luxottica (Leonardo Del Vecchio). Non mancano anche alcune delle maggiori società partecipate dallo Stato italiano che hanno importanti consociate nei Paesi Bassi: ENI International B.V.; SAIPEM del gruppo ENI; ENEL Finance International NV, di ENEL Spa; StMicroelectronics, in cui Italia e Francia hanno partecipazioni; BBned, consociata di Telecom.

I vantaggi offerti sono sia di natura fiscale che legislativa. Sul piano fiscale, volendo fare solo qualche esempio, i dividendi e i capital gain non concorrono all’imponibile, mentre interessi, sopravvenienze attive e royalty non sono tassati. È inoltre possibile concordare direttamente con il ministero delle finanze un trattamento fiscale speciale e detti accordi sono rigorosamente segreti per tutti, anche per i parlamentari. Altri sostanziosi vantaggi derivano dalla legge societaria, frutto di un’eredità della storia e della natura mercantile olandese. È previsto, tra l’altro, una sorta di meccanismo maggioritario che moltiplica i diritti di voto a partire da soglie variabili dal 20% al 30%, garantendo al maggiore azionista il controllo della società. Su tale anomalia fiscale è più volte intervenuta l’Ue con mere «Raccomandazioni», non disponendo di altri strumenti istituzionali più incisivi.

Da ultimo, nel 2019 ha inoltrato all’Olanda una Raccomandazione nella quale si sottolineava che «gli effetti di ricaduta delle strategie aggressive di pianificazione fiscale tra Stati membri richiedono un’azione coordinata delle politiche nazionali a completamento della legislazione Ue». Riconoscendo le carenze della legislazione europea, si invitava così l’Olanda ad assumere direttamente opportune iniziative che, com’era facile prevedere, sono fino ad oggi mancate. Una condizione assolutamente privilegiata che induce tra l’altro l’Olanda a fare tutto il possibile perché non si facciano passi avanti nel processo di unificazione della legislazione fiscale europea. Ciò spiega anche la sua avversione agli Eurobond che, essendo destinati a costituire un debito comune europeo, potrebbero rappresentare il primo passo verso la realizzazione di una comune politica economica e fiscale.

In sede di trattative l’Olanda si fa forte della sua tripla A e del 57,5% del rapporto debito PIL, per rimproverare all’Italia, evidenziandone il lassismo, di avere un rapporto del 135% rispetto al PIL e una tripla B con rischio di retrocessione. Questa nostra ormai atavica condizione è certamente frutto dell’insipienza della politica e non può in alcuna misura essere attribuita al mondo delle imprese.

A queste ultime, ed in particolare alle grandi aziende, si può tuttavia imputare un’eccessiva spregiudicatezza utilitaristica, che le ha portate a versare più di 10 miliardi l’anno all’erario olandese, trascurando fondamentali doveri civici e solidaristici nei confronti del nostro Paese. Miliardi su miliardi sottratti al fisco che avrebbero potuto contribuire in qualche misura a far diminuire il nostro debito pubblico, a far pagare meno tasse a chi le paga, a rendere migliori i servizi sociali. Anche a creare più posti letto e terapie intensive, più tamponi, più investimenti per la sanità pubblica e la ricerca.

Fonte: https://www.ecodibergamo.it/stories/premium/Editoriale/olanda-e-fiscopessimo-esempio_1350976_11/

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