- Dettagli
-
Creato: Domenica, 02 Luglio 2023 00:00
-
Scritto da Francesco Anfossi
Nessun problema può essere risolto congelandolo, diceva Winston Churchill. Non aveva previsto il Parlamento italiano della 18ª legislatura e il suo governo, che ha congelato il problema del MES, rinviando la decisione della ratifica di quattro mesi. Ancora una volta.
Ieri il Parlamento offriva una plastica visione di quanto il Meccanismo europeo di stabilità (detto anche Fondo salva Stati) interessi i nostri politici. Sparsi nell’emiciclo di Montecitorio c’erano quattro gatti, 19 per la precisione, nonostante per l’occasione la discussione in aula fosse guidata dal presidente Lorenzo Fontana. Il partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, aveva 6 valorosi presenti. La Lega nessuno, mentre Forza Italia ne aveva 2. Per le opposizioni i 5 Stelle erano presenti con 5 deputati. Più consistente la partecipazione del PD, con 8 deputati, che in proporzione potremmo definire un’affluenza di massa. Se la politica italiana voleva dare un segnale di disinteresse verso questo organismo europeo che prevede un fondo di 700, dicasi 700 miliardi di euro di dotazione, con un plafond di 500 miliardi in caso di impiego in Italia (pari a 10 e più manovre economiche), c’è riuscita benissimo. Eppure un dibattito su questo argomento sarebbe stata una lezione di democrazia, perché pochi sanno di che cosa si tratta ed è probabile che non ci sia molta differenza tra i deputati e i comuni cittadini.
Ma la disinformazione o l’ignoranza, in politica, può essere funzionale. Eppure andrebbe fatta chiarezza su questa misura ratificata da tutti i Paesi dell’Unione che fanno parte di quest’organismo, compresa la Croazia, l’ultima ad aggiungersi. Manchiamo solo noi. I più furbi di tutti? Da quando è entrato in carica, il governo ha rimandato la questione come i suoi predecessori, anche con decisioni insolite come quella di non presentarsi al voto in Commissione. Ma c’è una ragione al fondo di questo comportamento: bocciare platealmente la ratifica, infatti, sarebbe una mossa decisamente mal vista a livello internazionale e con possibili conseguenze sulla credibilità economica dell’Italia. Approvarla, sarebbe uno smacco per i partiti che vi si sono sempre opposti, come la Lega.
Per sapere che cos’è il MES basta cliccare sul sito della Banca d’Italia, scoprendo che può offrire assistenza tramite la concessione di prestiti, ricapitalizzazione di titoli, acquisto di titoli di Stato sul mercato e apertura di linee di credito precauzionali, con l’ultima riforma anche direttamente alle banche (è quel che ha fatto la Spagna). Ogni intervento è di solito accompagnato da promesse di riforme economiche e fiscali da parte dei Paesi richiedenti: si chiama «cash-for-reform», soldi in cambio di riforme. Ecco il punto critico: quali riforme? Il problema è che quando si accede agli aiuti la politica economica nazionale è posta sotto un programma di aggiustamento macroeconomico, ma soprattutto sotto la supervisione dell’organizzazione e di altre istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e la Commissione europea (la cosiddetta Troika). Questa supervisione diventa meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a Paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi. Un altro problema è che per quanto riguarda le linee di credito precauzionali la recente riforma del MES conferma la differenza già esistente tra quella «semplice» (Precautionary conditioned credit line, PCCL) e quella «a condizionalità rafforzata» (Enhanced conditions credit line, ECCL): la prima è riservata ai Paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria, mentre la ECCL è destinata ai Paesi che non rispettano pienamente i suddetti criteri e ai quali pertanto vengono richieste misure correttive. Noi, appunto.
La verità è che l’Italia non è abbastanza debole da poter accettare la perdita di sovranità in cambio di un prestito (come hanno fatto la Grecia, l’Irlanda e Cipro) ma nemmeno abbastanza forte (dato il suo debito pubblico, il secondo più grande del mondo) da non aver alcuna ragione di temerla, come la Francia e la Germania. Inoltre la maggioranza sposta la notte più in là per un’altra ragione: essendo il MES legato al Patto di stabilità e ai vari vincoli economici (il famigerato 3 % del PIL di deficit etc.) non è prudente ratificarlo fino a quando non ci sarà l’attesa riforma dei vincoli di Maastricht. Che però può avvenire tra mesi. Fino a qual momento dunque meglio gettare la palla in tribuna. Con il piccolo spiacevole particolare di continuare a rappresentare questa tipica commedia all’italiana agli occhi dell’Europa.
Fonte: https://www.ecodibergamo.it/stories/premium/Editoriale/laula-vuota-mes-commedia-italiana-o_1517931_11/
- Dettagli
-
Creato: Domenica, 30 Aprile 2023 00:00
-
Scritto da Anna Paschero
Il vice presidente esecutivo della Commissione Europea, il lettone Valdis Dombrovskis, ha presentato ieri, 26 aprile 2023, le nuove proposte dei due Regolamenti del Patto di Stabilità e Crescita, (PSC) ,“preventivo” e “correttivo”, che l’esecutivo comunitario ha appena varato e che dovranno essere discusse dal Parlamento di Strasburgo e dai 27 stati membri. [1]
Il Patto, nato nel 1997 a seguito della firma del trattato di Maastricht del 1992, (che ha aperto la strada alla introduzione dell’Euro come moneta unica europea), limita per i paesi membri i disavanzi pubblici al 3 per cento[2] e i livelli del debito pubblico[3] al 60 per cento del prodotto interno lordo; la condivisione e il rispetto di tali regole è presupposto necessario per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nazionali e dell’intera Unione. Negli anni successivi, il Patto è stato perfezionato, rivisto ed emendato soprattutto con l’obiettivo di rafforzare il suo legame tra riforme strutturali, investimenti e responsabilità di bilancio, a sostegno dell’occupazione e della crescita.
Le proposte presentate dalla Commissione rappresentano pertanto il risultato di un lungo periodo di riflessione e di un ampio processo di consultazione, sospeso nel 2020 all’inizio della pandemia e rilanciato a ottobre del 2021, quando, una volta affrontate le carenze del quadro attuale, sono stati rilevati i punti di forza e rese evidenti le necessarie aree di miglioramento.
L’obiettivo è quello di rendere l’UE più competitiva dopo la crisi provocata dalla pandemia, di ridurre i livelli di debito pubblico notevolmente cresciuti in tale periodo e di preparare l’UE alle sfide future sostenendo i progressi verso una economia verde, digitale, inclusiva e resiliente in tutti gli Stati membri attraverso riforme e investimenti.
Viene prevista una maggiore “titolarità” nazionale secondo la quale i rispettivi governi dovranno presentare piani a medio termine definendo obiettivi di bilancio, misure per affrontare gli squilibri macroeconomici, riforme e investimenti prioritari per un periodo di almeno quattro anni. Tali piani saranno valutati dalla Commissione e approvati dal Consiglio sulla base di criteri comuni dell'UE, tenendo però conto delle diverse peculiarità di ogni paese.
Attualmente è prevista la riduzione del debito del 5% annuo (un ventesimo del gap tra valore e 60% PIL); prescrizione impossibile da rispettare, soprattutto per i paesi con un debito come l’Italia, secondo paese UE, dopo la Grecia, con debito più elevato (147% del PIL con un debito monetario di 2.743 miliardi di Euro ) perché vorrebbe dire 81 miliardi all’anno di riduzione.
Gli Stati membri beneficeranno di un percorso di aggiustamento di bilancio più graduale, rispetto alle regole attuali, se si impegneranno nei loro piani a favore di riforme e investimenti conformi a criteri specifici e trasparenti, attraverso percorsi “personalizzati”, per il rientro dei rispettivi deficit e la riduzione del loro stock di debito.
Tali percorsi prevedono che ogni Paese si ritrovi alla fine di ogni piano pluriennale un debito inferiore al livello iniziale, e che venga effettuato un aggiustamento fiscale dello 0,5% del PIL all’anno fintanto che il deficit di bilancio resta superiore al 3%, senza fissare valori specifici a cui tendere ma stabilendo regole più semplici. Come ad esempio utilizzando la spesa primaria al netto degli interessi per il calcolo del deficit, che per l’Italia valgono più di 60 miliardi all’anno.
La proposta dei due nuovi regolamenti resta tuttavia condizionata al consenso unanime di tutti i Paesi membri, che dovranno approvarla per renderla operativa già nel 2024. Già i cosiddetti paesi “frugali” (Germania e Paesi Bassi) hanno chiesto che i paesi ad alto debito lo riducano di almeno l’ 1% del PIL annuo (16 miliardi per l’Italia) a cui aggiungere il mantenimento della spesa pubblica annuale al di sotto della crescita potenziale del PIL (1%) (e non al di sotto del 3% del 3% come proposto dalla Commissione).
Resta in vigore l’apertura della procedura “per disavanzi eccessivi”, fatta salva la clausola di salvaguardia in caso di fattori “esterni” che permetteranno ai Paesi UE di avere un tempo più lungo per rientrare nei parametri.
Note
[1]Patto di Stabilità e Crescita (PSC). Tale patto si prefigge di garantire che la disciplina di bilancio dei paesi dell'Unione europea (UE) continui dopo l'introduzione della moneta unica. Formalmente, il patto di stabilità e di crescita è costituito da una risoluzione del Consiglio europeo (adottata nel 1997) e da due regolamenti del Consiglio del 7 luglio 1997 che ne precisano gli aspetti tecnici (controllo della situazione di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche; applicazione della procedura d'intervento in caso di deficit eccessivi). L'applicazione, tuttavia, è stata debole, con conseguenti gravi squilibri di bilancio in alcuni paesi dell'UE, esposti quando la crisi economica e finanziaria ha colpito nel 2008.
[2] Disavanzo o deficit pubblico. Si manifesta quando il saldo tra entrate (gettito fiscale) e uscite (spesa pubblica più interessi sul debito già contratto) registra un valore negativo.
[3] Debito pubblico: quando la spesa pubblica supera l’ammontare del gettito fiscale lo stato ricorre al debito pubblico per finanziare il deficit o disavanzo che si è determinato. Il debito può anche definirsi come la “stratificazione, negli anni dei deficit” .Lo Stato finanzia il debito vendendo propri titoli in cambio di denaro che viene prestato da cittadini, banche o da stati esteri (questi ultimi lo detengono per circa un terzo) .
Fonte: https://www.laportadivetro.com/post/ue-parte-l-iter-per-il-nuovo-patto-di-stabilità-l-italia-nel-mirino