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Il Convegno , attraverso i molteplici contributi presentati, ha registrato, per la soluzione dei temi in discussione , proposte per il contenimento della spesa pubblica (in specie quella legata ai costi della politica) , per il rispetto della Costituzione negli articoli 81( ogni legge che comporti nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte ) e 53 per il concorso di tutti alle spese pubbliche, per un’opera di educazione fiscale nelle scuole e nella società e per iniziative come quelle dell’ ARDeP sul volontariato fiscale.

È stato fatto osservare che il debito pubblico ad oggi supera 1870 miliardi e che si è accumulato fin dagli anni ‘80. Negli ultimi due anni, 2008/2010, è aumentato di ben 200 miliardi. Benché Tremonti cerchi di minimizzare, i risparmi privati non potranno sostenere la cifra del debito, anche se il Ministro non propone un prelievo forzoso a carico dei privati. Altri ci hanno provato come l’ex Ministro Giuliano Amato ed il Professore Pellegrino Capaldo con la tassa patrimoniale sulle plusvalenze immobiliari: ma il debito si riduce con minori spese e maggiori entrate a carico di chi non paga le tasse o le paga in modo insufficiente. A questo scopo è essenziale il recupero dell’evasione fiscale che nel 2010 ha fatto registrare un mancato gettito erariale di almeno160 miliardi e 50 miliardi di evasione contributiva.

Inoltre è stato fatto notare come l’attuale sistema tributario, diretta emanazione della legge 600/73 e sue successive modifiche , “sia arrivato al capolinea”, essendo responsabile dell’enorme livello di evasione fiscale e quindi anche del colossale debito pubblico.

Questo sistema tributario, non rispettando l’articolo 53, ha impedito di fatto l’attuazione della prima parte della Costituzione. Le proposte che da più parti arrivano parlano di riforma fiscale citando, quali punti di forza, il quoziente familiare, il passaggio dalla tassazione delle persone alla tassazione delle cose, la cedolare secca sugli affitti, la patrimoniale.

Lungi dal realizzare l’articolo 53, tutte queste proposte si mantengono nel solco di una legislazione tributaria chiaramente anticostituzionale.

L’attuazione del dettato Costituzionale in campo tributario passa invece attraverso la redistribuzione del carico fiscale, assegnando a ciascun contribuente la vera, effettiva e globale capacità contributiva. In tal modo il prelievo fiscale si ripartisce equamente in quanto quota parte passa dalle tasche dei lavoratori dipendenti e pensionati, i quali, ingiustamente, pagano il 78% dell’intero gettito fiscale pur detenendo il 30% della ricchezza nazionale, alle tasche degli altri contribuenti (imprenditori e benestanti) che, detenendo  il 70% della ricchezza nazionale,  pagano il restante 22% dell’intero gettito erariale.

L’attuazione dell’articolo 53 elimina pertanto alla radice questa ingiustizia.

Negli ultimi 25-30 anni, secondo uno studio del NENS, l’entità delle ritenute alla fonte sui redditi da lavoro dipendente è salita dal 40% del 1980 al 52% del 2008. Al tempo stesso i proventi IRPEF da lavoro non dipendente si sono ridotti dal 37% al  24%. Ciò mentre la quota dei redditi da lavoro dipendente sul valore aggiunto totale si è ridotta dal 66% al 53%. In altre parole i redditi da lavoro dipendente si sono ridotti e al tempo stesso sono stati penalizzati dal prelievo fiscale.

Anche in presenza di aumento dei prezzi l’attuale sistema fiscale resta indifferente rispetto al modificarsi delle capacità contributive. Infatti, chi può negare che le vecchie mille lire in molti casi siano diventate un euro? Questi aumenti sono stati quantificati ( Angeletti, Segretario UIL) in centinaia di milioni di euro! In questa situazione si è verificato il passaggio di centinaia di milioni di euro dalle tasche dei lavoratori e pensionati a reddito fisso (riducendo il loro potere d’acquisto e quindi anche la loro capacità contributiva) a quelle degli imprenditori che hanno aumentato i prezzi incrementando così il loro potere d’acquisto e la loro capacità contributiva. Il sistema fiscale, non registrando questi cambiamenti, ha fatto pagare le tasse a coloro che hanno subito gli aumenti, al posto di  quanti, grazie a quegli aumenti, hanno avuto una maggiore ricchezza.

La riforma fiscale, necessaria al paese e non ulteriormente rinviabile, deve rispettare il precetto Costituzionale e quindi, oltre ad accertare i redditi effettivi in modo non sintetico né forfettario, deve affermare che “Non si può negare che il cittadino, prima di essere chiamato a corrispondere una quota parte della sua ricchezza allo Stato, per la soddisfazione dei bisogni pubblici, deve soddisfare i bisogni elementari di vita suoi propri e di coloro ai quali, per obbligo morale e giuridico, deve provvedere…” (On. Scoca, Seduta Ass. Cost. 23/05/1947) ed ancora che “…debbono essere tenuti in opportuna considerazione i carichi di famiglia del contribuente. Sono, questi, aspetti caratteristici di quella capacità contributiva, che la formulazione concordata dell’articolo aggiuntivo pone a base della tassazione” (ibidem)

E dunque le spese per i propri bisogni della vita quotidiana  e quelli della propria  famiglia  servono a determinare la propria capacità contributiva e concorrono al calcolo degli imponibili nella consistenza effettiva.

Detto sistema presuppone l’abbandono dell’attuale sistema di accertamento dei redditi, praticato ad una sola parte di contribuenti,  basato sul metodo induttivo/sintetico.

Nell’ambito della discussione sono state quindi portate esperienze di vita che hanno messo in evidenza come clienti di aziende non avevano soldi regolari per pagare le fatture perché avevano lavorato “a nero” con i privati. Questi casi fotografano molto bene una situazione che sancisce come l’attuale sistema fiscale metta d’accordo fornitore e cliente nel creare fondi neri. L’evasione fiscale è un gioco dell’oca che si trasmette in una sequenza senza fine dove, apparentemente, tutti ci guadagnano e l’unico a rimetterci è il fisco. Ma il fisco poi vorrà rivalersi con nuove tasse o maggiori aliquote oppure si creerà ulteriore debito pubblico. Esattamente quello che sta accadendo. L’attuale sistema fiscale è sbagliato dalle fondamenta: anziché tassare la capacità contributiva, tassa le entrate, indipendentemente dalle uscite. Se invece il fisco consentisse di dedurre tutte le spese sostenute, le tasse verrebbero pagate sulla effettiva capacità contributiva.

Si deve notare che questo sistema, che prevede il pagamento delle imposte sulla differenza ricavi/spese, è usato dalle imprese.

Altre esperienze di vita quotidiana hanno messo in risalto come anche il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’articolo 3 della Costituzione sia violato nel caso in cui due persone abbiano trattamento fiscale diverso in presenza di condizioni economiche uguali. Un esempio fatto è stato quello di un titolare di una impresa e di un suo dipendente i quali, durante la pausa di lavoro, vanno a pranzo insieme spendendo la stessa cifra. Fra i due sussiste però una differenza: il titolare d’impresa si  fa rilasciare la ricevuta fiscale intestata per poterla dedurre dal reddito mentre al suo dipendente  viene rilasciata una ricevuta senza intestazione per il semplice motivo che lui non può dedurla dal suo reddito lordo.

In sintesi, il Convegno ha chiaramente riconosciuto l’essenzialità  di una riforma fiscale che cambi i rapporti fra Stato e cittadini e fra i cittadini stessi,  abbia come punto centrale la redistribuzione del carico fiscale e che deve conseguire i seguenti effetti:

  1. Superamento dell’attuale PATTO SOCIALE, in vigore con la legge 600/73 e seguenti, che ormai ha dimostrato il suo fallimento. Infatti i bilanci statali hanno rispettato le spese ma non le entrate. Per questo motivo l’evasione fiscale è arrivata a livelli colossali corrispondente a 160 miliardi di mancato gettito per l’anno 2010 ed il debito pubblico alla cifra astronomica di 1870 miliardi a tutt’oggi.
  2. Stipula  di un nuovo PATTO SOCIALE che abbia alla sua base l’attuazione degli articoli 2,  3 e 53 della Costituzione, condizione questa necessaria per il risanamento dei conti pubblici e per garantire equità  giustizia fiscale.
  3. Accertamento della capacità contributiva effettiva ( art. 53 Costituzione comma 1) basata non più sui ricavi ma sui guadagni (ottenuti dalla operazione “RICAVI meno SPESE”).
  4. Abbandono degli “studi di settore” o altro metodo forfetario induttivo/sintetico, sistemi che producono, essi stessi, l’evasione fiscale e non accertano la capacità contributiva effettiva.
  5. Introduzione, per la determinazione della capacità contributiva, del sistema analitico/deduttivo/sistematico che abbia l’effetto di:
    1. fare emergere l’economia “sommersa”;
    2. dare a ciascuno la propria ed effettiva capacità contributiva;
    3. dare effettiva progressività al sistema tributario nel suo complesso ( tributi indiretti e imposte dirette – artt. 2, 3 e  53 della Costituzione;
    4. realizzare il principio secondo il quale  “ LE SPESE DI TUTTI FORMANO I REDDITI DI TUTTI”.
  6. La PERSONA deve avere il diritto di dichiarare al fisco la sua vera condizione economica che è fatta di ENTRATE E SPESE.
  7. Le rendite di qualsiasi tipo devono essere computate nel coacervo dei redditi ai fini delle imposte dirette e non tassate con aliquote proporzionali,  come avviene per i redditi da capitale e sugli immobili dati in affitto.

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