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Il disegno di legge delega per la riforma fiscale – così come annunciato dal ministro Daniele Franco e previsto a pag. 78 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR ) – avrebbe dovuto essere approvato dal Governo e presentato al Parlamento entro il 31 luglio. La legge delega – da attuarsi con l’emanazione di uno o più decreti legislativi delegati – è stata invece rinviata a settembre. Le ragioni, come indicate dallo stesso Ministro nel Forum Ambrosetti a Cernobbio, sono riconducibili principalmente alla mancanza di copertura finanziaria. Ma è probabile che ad esse si aggiunga la difficoltà di fare sintesi politica tra le molteplici e anche discordanti proposte della Commissione congiunta Camera e Senato, contenute nel documento conclusivo del 30 giugno scorso.

Siamo dunque in attesa del provvedimento legislativo che “dovrebbe dare risposta alle debolezze strutturali del Paese e in tal senso è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee” (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e che, secondo quanto affermato dal Ministro (“serve una riforma ampia e organica. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”) dovrebbe garantire una riforma strutturale ampia ed efficace dell’intero sistema fiscale nazionale. Tuttavia permane ad oggi il silenzio sull’iniziativa del Governo.

Nel frattempo è stato appena emanato dal Ministero l’atto di indirizzo annuale per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per il triennio 2021-2023, dove viene considerato rilevante il ruolo di un’ampia riforma fiscale, finalizzata a semplificare e razionalizzare la struttura dei prelievi, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Nella relazione si legge: “detta riforma sarà accompagnata dall’istituzione del nuovo “fondo per l’attuazione della riforma fiscale” e dall’eventuale incremento delle risorse che potranno essere iscritte nel fondo “fedeltà fiscale”, istituito con la legge di bilancio per il 2021 e da alimentare con i proventi delle maggiori entrate legate all’aumento della compliance che verranno successivamente restituiti, in tutto o in parte, ai contribuenti sotto forma di riduzione del prelievo.

Con il predetto fondo il Governo intende stabilire un patto fiscale con i cittadini italiani che premi la fedeltà fiscale e contributiva delle imprese e dei lavoratori. Funzionale all’obiettivo di attuazione della riforma fiscale sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale. La riduzione del tax gap continua, infatti, a rappresentare una priorità del Governo e contribuirà ad assicurare una maggiore equità del prelievo, assicurando il rispetto del principio di cui all’articolo 53 della Costituzione secondo cui tutti debbono concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, e tutelando la concorrenza tra gli operatori economici.” In sintesi, le risorse finanziarie per attuare la riforma per ora mancano e si farà affidamento sul recupero dell’evasione. Tuttavia nell’atto di indirizzo al capitolo “Migliorare la governance del sistema fiscale” si richiama la necessità di un “aggiornamento degli archivi catastali […] nell’ottica di una più equa imposizione fiscale”, nonché di un “costante aggiornamento e sviluppo del sistema informativo catastale”.

Il problema dell’inadeguatezza del sistema informativo catastale emerse, con tutta la sua criticità, negli anni ’90, nel momento in cui i Comuni dovettero attrezzarsi per istituire e gestire l’ICI, (Imposta Comunale sugli Immobili) e poi l’IMU (Imposta Municipale Propria) alle quali hanno fatto seguito una serie variegata di acronimi diversi per riferirsi sempre allo stesso presupposto impositivo, istituito senza una base imponibile di riferimento (catasto) certa ed aggiornata. Non sono stati rari gli interventi dei Comuni attuati (a proprie spese) per fornirsi di un sistema informativo immobiliare che consentisse loro una gestione efficiente del tributo.

Sono passati 50 anni dall’ultima grande riforma del fisco (Legge 825 del 9 ottobre 1971, nota come legge Visintini), ma a leggerne ora gli atti sembra che il tempo sia trascorso inutilmente tanto appare attuale e pressoché inalterato, oggi, lo stato dell’amministrazione finanziaria di allora. Rimane pertanto difficile non nutrire una certa sfiducia verso iniziative che si profilano asimmetriche rispetto al nuovo disegno di fisco annunciato, molto ambizioso, e le strutture dell’amministrazione finanziaria che non appaiono oggi, ancora pronte ai nuovi compiti a cui sono chiamate.

Fonte: https://www.laportadivetro.org/riforma-del-fisco-aspettando-godot/

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