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È trascorso più di un anno da quando le Commissioni Finanze e Tesoro di Camera e Senato, in sezioni congiunte, hanno avviato il loro programma di lavoro per svolgere una indagine conoscitiva sullo stato del sistema fiscale italiano e per proporre indicazioni utili all’Esecutivo all’avvio della tanto attesa, nonché più volte richiesta, riforma del fisco italiano. Un anno occupato da sei mesi di lavoro e 61 audizioni per scrivere un documento conclusivo di 21 pagine di indirizzo politico al Governo, che il 5 ottobre 2021, con un certo ritardo sui tempi programmati, ha approvato il disegno di legge contenente la delega per la revisione del sistema fiscale.

Il disegno di legge (AC 3343) è stato presentato, in prima lettura, il 29 ottobre alla Sesta Commissione Finanze della Camera dei Deputati che ha iniziato il proprio esame sul documento il 17 novembre successivo. Il 14 gennaio, scadenza prevista per la presentazione degli emendamenti ai 10 articoli del disegno di legge da parte dei partiti, sono pervenute 467 proposte emendative – di cui 454 ammesse – all’esame della commissione. Nel frattempo i deputati della VI commissione finanze si sono riuniti nove volte, l’ultima il 20 gennaio scorso, e hanno lavorato in tutto 13 ore e 35 minuti, (90 minuti medi per ogni sessione) prima di sospendere, causa elezione Presidente della Repubblica i propri lavori sull’esame del documento, al momento in cui si scrive non ancora ripresi.

Una cronaca che si commenta da sola e che, anche senza entrare nel merito delle posizioni politiche espresse con le richieste correttive al disegno di legge, evidenzia come il tema del fisco continui ad essere ancora un tabù, come tale destinato ad essere nascosto per quasi tutti i decisori politici, come la polvere, sotto il tappeto. Salvo a farlo emergere – le elezioni non sono poi così lontane – come mezzo per ottenere consenso. Basta leggere molti degli emendamenti che chiedono la cancellazione della riforma del catasto e quelli che aumentano la soglia di ricavi da assoggettare alla Flat tax sui quali l’accordo tra i due principali schieramenti appare come un’impresa impossibile.

Vicenda quest’ultima che richiama tristemente alla memoria il destino della legge delega fiscale n. 23 dell’11 marzo 2014 (“Delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”). L’Art. 2 avrebbe dovuto provvedere alla riforma del catasto degli immobili, per correggere le sperequazioni delle attuali rendite aumentate a seguito dell’introduzione di un nuovo moltiplicatore per il calcolo dell’imposta municipale (IMU). Il termine per l’attuazione della delega, scaduto il 27 giugno 2015 non ha consentito allora, insieme alla razionalizzazione dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, l’attuazione della riforma del catasto dei fabbricati, con la conseguenza di perpetuare una delle ingiustizie più evidenti del sistema di tassazione degli immobili.

Fonte: https://www.laportadivetro.org/fisco-il-grande-freddo-del-parlamento-ma-non-e-un-capolavoro/

 

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