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Ha ragione Salvini, quando per l’Italia sottolinea “la necessità di uno shock fiscale”. Il problema è nella scelta del tipo di shock da metter in atto.

Per Salvini è la flat tax al 15%, a costo di sforare il tetto del 3% del deficit. La conseguenza, facile da pronosticare, sarebbe uno shock sullo spread, cioè un aumento vertiginoso degli interessi sul debito pubblico.

Un altro tipo di shock potrebbe essere assai più utile per le casse pubbliche: cercare di azzerare il deficit, assicurando - come prevede la Costituzione - l’equilibrio di bilancio (art. 81) e la sostenibilità del debito pubblico (art. 97), con la conseguenza di un drastico calo degli interessi sui titoli di stato.

Questo obiettivo si potrebbe raggiungere senza comprimere la spesa pubblica, cioè senza attuare politiche di austerità. Come?

  1. Pagare le imposte in base alla reale capacità contributiva (art. 53 Cost.). Il che significa anzitutto che tutti i redditi devono essere cumulati e non più soggetti a tassazioni separate e/o di favore.
  2. Comprendere nella base imponibile anche il patrimonio mobiliare, tenendo conto del carico famigliare con un’adeguata quota di esenzione dall’imposizione. Per esempio, si potrebbe rendere l’ISEE obbligatorio per tutti, utilizzandolo come punto di riferimento per la tassazione progressiva.
  3. Introdurre concrete misure di contrasto all’evasione fiscale, attraverso l’ampliamento delle deduzioni e delle detrazioni fiscali per far emergere l’economia sommersa (per il Fondo Monetario Internazionale quasi il 23% del PIL italiano), creando un reale contrasto di interessi tra fornitore e cliente.
  4. Ripristinare una maggiore progressività delle imposte, poiché attualmente sopra i 28.000 euro tutti i contribuenti pagano quasi la stessa aliquota (dal 38 al 43%). Ma la capacità contributiva di chi ha un reddito di 30.000 euro è ben diversa da chi incassa 300.000 euro. E non è giusto fare parti uguali tra diseguali. Si potrebbe adottare, come in Germania, una semplice funzione matematica che automaticamente aumenta l’aliquota con l’accrescere dell’imponibile.
  5. Rendere progressiva anche l’imposta sugli utili delle aziende (anziché l’attuale flat tax del 24% dell’ IRES), come avviene negli USA, dove si applicano 7 aliquote a scaglioni.
  6. Utilizzare almeno un calcolo proporzionale per le sanzioni, come accade in alcuni Paesi del Nord Europa, in cui le tariffe sono stabilite in funzione del reddito e/o del patrimonio. Per esempio, ad un automobilista assai ricco un eccesso di velocità o un divieto di sosta può costare molte migliaia di euro.
  7. Ristabilire un’imposta più seria sulle successioni e sulle donazioni, con una quota di esenzione più bassa e con aliquote progressive (attualmente per la discendenza diretta si tratta del 4% indipendentemente dall’ammontare del patrimonio).

Mettere in atto queste proposte comporterebbe un adeguato aumento delle entrate tributarie e una diminuzione delle disuguaglianze. Si tratterebbe di una vera rivoluzione fiscale nella direzione indicata dalla Costituzione, che considera inderogabile la solidarietà economica e compito della Repubblica la rimozione degli ostacoli che impediscono l’uguaglianza tra i cittadini.

Giugno 2019
Rocco Artifoni 

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