- Dettagli
-
Creato: Mercoledì, 21 Febbraio 2024 00:00
-
Scritto da Anna Paschero
Il nono decreto attuativo della legge delega sulla riforma fiscale, riguardante la riduzione delle sanzioni tributarie per gli evasori “di necessità”, ha ottenuto oggi l’assenso preliminare del Consiglio dei Ministri. Il viceministro Maurizio Leo, richiamando i principi previsti dalla legge delega che giustificano i comportamenti evasivi per “sopraggiunte impossibilità”, ha proposto l’adozione di un sistema sanzionatorio più mite che, agendo sulle attuali regole del ravvedimento operoso, stabilirà sanzioni amministrative e penali basate sulla proporzionalità (e non più su un minimo e un massimo) per rendere il pagamento di quanto dovuto più conveniente per gli evasori.
Depotenziata la legge "manette agli evasori"
L’obiettivo viene raggiunto con la revisione di precedenti misure legislative, in particolare il Dlgs 74 del 2000 - “manette agli evasori” - rispetto al quale vengono riscritte le norme sui reati di omesso versamento di imposte (ritenute, IVA ), prevedendo una sorta di salvagente (o un salvacondotto!), ovvero la non punibilità penale per chi non paga per causa di forza maggiore, a meno che decida di pagare ratealmente l’intera imposta, con sanzioni (ridotte) e interessi. La legge vigente, che viene ora soppiantata dal decreto, prevede per l’omesso versamento delle ritenute – sopra la soglia di 150'000 Euro - una pena detentiva da sei mesi a due anni.
L’intenzione del viceministro è quella di prevedere, per coloro che si trovano in difficoltà straordinarie nel saldare i loro conti con il fisco, una linea più morbida, con sconti sul fronte amministrativo e penale (“riduzioni da un quinto a un terzo” per le sanzioni amministrative, secondo quanto da lui affermato in conferenza stampa…) che saranno meglio precisati dal testo del decreto attuativo quando sarà definitivamente pubblicato.
I nuovi "sanculotti" all'assalto della Bastiglia fiscale
“Prosegue senza sosta” - ha dichiarato ancora il viceministro - “la rivoluzione fiscale del governo mirata a costruire un sistema più equo e giusto a vantaggio di cittadini e imprese”. Una rivoluzione che ha il sapore piuttosto amaro di una “involuzione” fiscale, sempre più basata sulla disuguaglianza e sulle differenze di trattamento, a parità di reddito (e di influenza sociale), delle diverse categorie di contribuenti. Ci saranno contribuenti che potranno invocare “sopraggiunte impossibilità” a pagare le imposte, ed altri che non potranno farlo – come i lavoratori dipendenti e i pensionati – a cui le imposte vengono sottratte dai loro redditi ancor prima che tocchino le loro tasche. Le disparità sono e rimangono del tutto evidenti.
In sostanza, si è dinanzi all'ennesimo regalo agli evasori, perdonati e graziati per il reato che è stato cancellato con l’approvazione del decreto governativo. Che segue, per altri versanti e crinali, la cancellazione del reato di abuso di ufficio "finalizzato", naturalmente, all'encomiabile proposito di "snellire" e velocizzare la giustizia. Con la speranza, altrettanto naturalmente, che la giustizia non diventi però così veloce da non avere il tempo per i giudici di coglierla, perché diventata inesistente, e quindi di applicarla... Il che sarebbe un danno assai peggiore di quanto accade oggi per le note lentezze di una giustizia che - almeno sulla carta - esiste. All'opposto, con l'iniziativa del viceministro Leo, si ha la sensazione di ritrovarsi nell'ennesimo invito ad assecondare l'evasione fiscale. Un incoraggiamento che nel Bel Paese ha storicamente una platea sterminata di fans, e che sembra essere diventato anche il tratto distintivo di questo governo.
Posizione non invidiabile per le speranze di ridurre il debito pubblico. Ma con una Presidente del Consiglio che mesi addietro non trovò di meglio che bollare le imposte come “pizzo di Stato”, è abbastante evidente che a ministri, viceministri e sottosegretari non resta che il famoso motto latino "ubi maior, minor cessat". Che tradotto in versione popolare sta per "attacca il ciuccio dove vuole la padrona". Se poi il ciuccio morirà soffocato dai debiti, tranquilli: nessuno pagherà, tanto tutto sarà stato depenalizzato...
Fonte: https://www.laportadivetro.com/post/la-faccia-buona-del-pizzo-di-stato-il-viceministro-leo
- Dettagli
-
Creato: Sabato, 10 Febbraio 2024 00:00
-
Scritto da Rocco Artifoni
Maurizio Leo, viceministro dell’economia, intervenendo alcuni giorni fa al Forum nazionale dei commercialisti ed esperti contabili, a proposito dell’imposta sui redditi ha dichiarato che “l'aliquota marginale del 43%, che poi si sostanzia in un 50% per i soggetti che hanno 50 mila euro, è pesante e induce all'evasione”.
Si tratta di un’affermazione stupefacente per almeno tre ragioni.
- L’aliquota marginale più alta dell’imposta sui redditi sia in Germania sia in Francia attualmente è del 45%;
- In Italia l’aliquota marginale più alta è del 43% (per redditi superiori a 50 mila euro), ma l’aliquota effettiva di chi ha un reddito di 50 mila euro è del 28,28% (23% per i primi 28 mila euro e 35% per i successivi 22 mila euro);
- Chi pensa che un’aliquota elevata possa indurre all’evasione fiscale dovrebbe spiegare perché in Paesi come la Francia, il Belgio, la Danimarca, la Svezia o l’Austria, che hanno una pressione fiscale superiore a quella dell’Italia, l’evasione fiscale è di molto inferiore a quella rilevata nel nostro Paese.
Pochi giorni fa il viceministro Leo - in modo sorprendente - ha detto che “l'evasione fiscale è come un macigno, tipo il terrorismo".
Il paragone appare azzardato.
L’evasione fiscale è un furto ai danni dello Stato e dei contribuenti onesti. L’evasore non terrorizza nessuno, anzi, troppo spesso si tende a giustificarlo, magari sostenendo che le tasse sono eccessive. Come ha fatto il viceministro Leo.
Al viceministro Leo tornerebbe utile leggere le dichiarazioni di un suo predecessore, il ministro delle finanze Ezio Vanoni, che nel 1949 ha scritto: “Il fenomeno dell'evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un'equa ripartizione dei carichi tributari”.
Nonostante queste evidenti contraddizioni logiche e matematiche, il viceministro Leo in una recente audizione alla Camera ha ricordato che il Governo “ha già avviato la riforma IRPEF con il passaggio da quattro a tre aliquote per poi successivamente avviarci a due aliquote e poi, come obiettivo di legislatura e compatibilmente con le risorse disponibili, si potrà arrivare all’aliquota unica”.
È appena il caso di ricordare che anche i viceministri, per assumere la carica istituzionale, devono giurare sulla Costituzione. In quella Carta all’articolo 53 dal 1948 sta scritto: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Domanda: il ministro Leo è a conoscenza del significato del termine “progressività”? Persino Adam Smith, il teorico dell’economia classica capitalista, nel libro “La ricchezza delle nazioni” nel 1776 ha scritto: “Non è irragionevole che un ricco debba contribuire in misura superiore alla semplice proporzionalità rispetto al reddito”.