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Questi gli impegni statutari:

  • promuovere la formazione di una coscienza civica in campo tributario e fiscale;
  • sviluppare l'attenzione civile e l'impegno sociale per una nuova etica dell'accesso alle risorse e della gestione delle medesime;
  • sollecitare i pubblici poteri per il raggiungimento degli obiettivi statutari;
  • suggerire, avvalendosi anche del contributo di esperti, comportamenti e azioni che possano contribuire alla riduzione del debito pubblico;
  • informare periodicamente l'opinione pubblica sui risultati raggiunti;
  • compiere ogni iniziativa e/o operazione ritenuta necessaria e/o conveniente per il raggiungimento dei fini statutari.

Nella convinzione che si debba insieme contribuire a risanare la finanza pubblica e a migliorare nell’opinione pubblica l’immagine del Fisco e del Tesoro, intesi come "cassa comune" e come risorsa a servizio di tutti e di ciascuno, secondo giustizia, l’ARDeP ha chiesto fin dall’inizio ai soci di fare un atto concreto, ma fortemente simbolico, di "trasgressione" della diffusa mentalità individualistico-familistica che da tempo caratterizza il nostro Paese, versando volontariamente, con la quota d’iscrizione all’associazione, almeno una tantum, 20.000 lire (poi Euro 10,32) al Fondo per l’ammortamento dei titoli di stato, in un apposito capitolo del bilancio dello stato (cap. 3330, legge 432/1993), abilitato, su precisa richiesta dell’ARDeP, a ricevere i contributi volontari dei cittadini. Si tratta del ccp n. 19551001, intestato a Tesoreria provinciale dello Stato, sezione di Roma, Direzione Generale del Tesoro, Servizio 1°, divisione III, Via XX Settembre 97, 00187 Roma.

Il "volontariato fiscale" che ha caratterizzato fin dall’inizio l’associazione, non è mai stato inteso come di per sé risolutivo di un problema di enormi proporzioni, ma come segnale provocatorio dell’esistenza di questo grave problema, frutto di scelte sbagliate, che è stato a lungo rimosso, ma che pesa su tutti, anche su quelli che non lo hanno provocato e che pagano le tasse: problema che, al di là della contabilità dei diritti e dei doveri fiscali previsti da mutevoli leggi, esige che non solo i pubblici poteri, ma anche i privati cittadini si facciano carico del compito di concorrere a risolverlo, secondo lo spirito dell’art. 53 della Costituzione (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”).

Il “dono” del privato al pubblico avviene in questo caso non attraverso il “servizio militare” ed eventualmente con l’impegno a finanziare una guerra di conquista, come è avvenuto nel 1935, con la sollecitazione di Mussolini a dare “l’oro alla Patria”: qui si tratta di concepire un “servizio civile volontario” per assicurare la pace fra generazioni, fra categorie, fra Nord e Sud, e per rimanere dignitosamente in Europa.

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