Spread: l’Italia si rafforza o il mondo si italianizza?

Lo spread tra il rendimento dei titoli decennali italiani e quelli tedeschi si sta riducendo. La notizia ha generato un certo entusiasmo negli ambienti del Governo e tra diversi commentatori, che evidenziano come questo dato sottenda una crescente solidità dell’economia italiana premiata dal mercato. Una solidità riconosciuta anche da alcune importanti agenzie di rating che hanno migliorato il loro giudizio sull’economia tricolore. Ma siamo proprio sicuri che questa riduzione dello spread rappresenti una inversione di tendenza strutturale relativa alla solidità del debito pubblico e più in generale dell’economia italiana?

A ben guardare le cose appaiono decisamente più complesse. La riduzione dello spread significa, innanzitutto, che si è ridotto il differenziale di rendimento tra i titoli di debito pubblico (decennali) italiani e quelli tedeschi, ma non che essi rendano di meno in assoluto. Se guardiamo i dati scopriamo che i rendimenti sono in rialzo in diversi paesi europei e che in Italia sono sostanzialmente stabili. Da inizio anno i titoli decennali tedeschi sono passati dal 2,36% al 2,56%; i francesi dal 3,19 al 3,24, i Btp italiani dal 3,52 al 3,48. Crescono anche quelli portoghesi, spagnoli e greci che, va detto, hanno comunque rendimenti inferiori ai titoli decennali nostrani.

L’incremento del costo del debito per tali paesi e la stabilità di quello italiano avviene a valle di due novità finanziarie che dovrebbero spingere nella direzione opposta, cioè, diminuire i tassi d’interesse. La sfiducia e l’incertezza che attraversano gli Stati Uniti stanno spingendo alla riduzione degli investimenti finanziari sui Treasuryury (titoli di Stato Usa), finendo per favorire l’acquisto di altri titoli di debito. Da inizio anno, inoltre, la Bce ha ridotto quattro volte i tassi d’interesse, altro elemento che dovrebbe spingere verso il basso i rendimenti dei titoli di Stato.

Nonostante tali fattori, il costo dell’indebitamento pubblico cresce in molti paesi europei perché le tensioni finanziarie stanno aumentando trasversalmente. Più che un’Italia solida, che si avvicina alla Germania, ci sembra di percepire il movimento opposto: Germania e Francia si italianizzano. Cresce il debito pubblico, l’economia ristagna, le tensioni internazionali rendono instabile e incerto il futuro, anche sul piano politico. Perciò sale il costo del loro indebitamento.

Ma se il resto del mondo si italianizza ecco che i titoli di debito italiano, che rendono di più, tornano ad essere, relativamente più appetibili. Potremmo dire che nella difficoltà generale che sta facendo aumentare i deficit pubblici e la mancata crescita economica generalizzata, l’Italia paga un prezzo minore perché il suo debito (più alto rispetto a Francia e Germania) si espande più lentamente, mentre la crescita economica di poco superiore allo zero appare relativamente meno grave della riduzione che si sta affermando in paesi che in questi ultimi decenni ci avevano abituato a performance migliori. Ma siamo sicuri che ci sia da stappare lo champagne?

Si potrà dire che la «tenuta» italiana rappresenti una parziale inversione di tendenza rispetto al recente passato, ma a quale prezzo sociale? La tenuta del deficit italiano è frutto anche del non adeguamento della spesa e degli stipendi pubblici alla crescita dei prezzi particolarmente alta nel biennio 2022-24, mentre la gelata salariale che dura da oltre trent’anni favorisce le esportazioni agendo sul prezzo e spingendo l’Italia su produzioni a basso valore aggiunto. Dietro il miglioramento dello spread ci sembra di vedere più una generalizzazione delle difficoltà, più che i segnali di una svolta per il sistema paese. Non essere più i soli ad avere il problema del debito pubblico può essere consolatorio, ma non al punto da generare entusiasmo.

(Fonte: https://ilmanifesto.it/spread-litalia-si-rafforza-o-il-mondo-si-italianizza)