Oxfam: record di patrimoni dell’1% più ricco e della povertà estrema

Da una parte il valore dei patrimoni netti dell’1% più ricco al mondo che in 10 anni è aumentato, in termini reali, di oltre 33.900 miliardi. Dall’altra, la più alta percentuale mai monitorata di popolazione che vive sotto la soglia di povertà di 8,30 dollari al giorno. Sono questi due poli diametralmente opposti le estremità dell’asse attorno al quale ruota la società contemporanea. Basti pensare che l’ammontare aggiuntivo accumulato dai super ricchi supera di 22 volte le risorse necessarie per porre fine alla povertà, riportando tutti sopra quella soglia. A rivelarlo è una nuova analisi di Oxfam, pubblicata oggi in vista della Quarta Conferenza internazionale sul Finanziamento per lo Sviluppo, che si svolgerà a Siviglia a partire dal 30 giugno e vedrà la partecipazione di oltre 190 Paesi.

«I rappresentanti dei Paesi di tutto il mondo si incontreranno a Siviglia in un momento drammatico per l’umanità. Sullo sfondo ci sono i tagli draconiani agli aiuti pubblici allo sviluppo, l’aggravarsi della crisi del debito, l’espandersi dei conflitti con il moltiplicarsi delle crisi umanitarie, una guerra commerciale senza precedenti e il multilateralismo sotto scacco, perché profondamente avversato dall’amministrazione Trump», ha commentato Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor di Oxfam Italia su finanza per lo sviluppo. L’analisi rileva, poi, che la ricchezza di tremila miliardari è cresciuta di 6,5 trilioni di dollari in termini reali in un decennio e rappresenta oggi l’equivalente del 14,6% del Pil globale. La concentrazione della ricchezza privata è cresciuta otto volte più di quella pubblica tra il 1995 e il 2023, con un aumento del relativo potere di influenza. Di fronte a questo quadro, spiega l’analisi Oxfam, anziché aumentare i finanziamenti a sostegno dei più vulnerabili, si assiste a dei tagli su tutti i fronti. I soli Paesi del G7 – i cui stanziamenti rappresentano circa tre quarti degli aiuti pubblici allo sviluppo (Aps) a livello globale – prevedono per il 2026 tagli del 28% rispetto al 2024. Contemporaneamente, si assiste a un sottofinanziamento cronico degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Oss): entro il 2030 potrebbe essere raggiunto solo il 16% dei 169 target stabiliti. I governi più avanzati dunque da una parte optano per i tagli più cospicui agli aiuti pubblici allo sviluppo mai registrati dagli anni Sessanta: una scelta che secondo l’Oxfam potrebbero costare 2,9 milioni di vite entro il 2030 solo per l’impatto dell’HIV/AIDS nei Paesi poveri. Nel frattempo, si sacrificano le ambizioni dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, anche in questo caso per via del disimpegno pubblico a fronte di un approccio al finanziamento che ha attribuito un ruolo cruciale alla mobilitazione degli investimenti privati.

Risorse che però finora si sono rivelate insufficienti o elargite con prestiti a condizioni punitive. È così che l’esposizione dei Paesi a basso e medio reddito verso ricchi creditori privati supera oggi di cinque volte l’ammontare dei debiti da essi contratti con altri Paesi o loro enti governativi e rappresenta oltre la metà dello stock aggregato del loro debito estero. Una situazione che mette ancora più a rischio la stabilità delle aree più vulnerabili, con la crisi del debito che vede il 60% dei Paesi a basso reddito sull’orlo della bancarotta e in generale quelli più poveri costretti a spendere per il servizio del debito somme più alte di quelle che destinano a scuole e ospedali pubblici. «La strategia di incentivazione dei capitali privati ha impattato negativamente sulle risorse pubbliche disponibili e non ha portato ai risultati promessi. E non è il caso di stupirsene. – ha aggiunto Petrelli –. Gli incentivi al settore privato (sotto forma di sussidi o misure di mitigazione dei rischi di investimento) non sono mai stati accompagnati da forti condizionalità o regolamentazioni con forza di legge che permettesse di arginare lo strapotere dei monopoli privati e i comportamenti anti-competitivi, forieri di rendite immeritate e crescente concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi».

A causa di queste politiche, non si sono potuti raggiungere obiettivi come «la creazione di posti di lavoro dignitosi, l’uguaglianza di genere o il contrasto alla fame», sottolinea. Per questo, in occasione della Conferenza di Siviglia, Oxfam chiede ai governi di invertire la rotta, affrontando di petto le elevate e crescenti disuguaglianze di benessere e ripensando alla radice il sistema di finanziamento per lo sviluppo. In particolare, suggerisce di unire gli sforzi per contrastare efficacemente “la crisi della disuguaglianza”; tornare a dare centralità all’approccio pubblico nei finanziamenti; tassare gli ultra-ricchi e favorire nel lungo periodo uno standard globale di tassazione; riformare l’architettura del debito e sostenere una nuova convenzione Onu per la risoluzione di questa crisi; supportare l’adozione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sulla cooperazione fiscale internazionale; rilanciare l’Aps impegnandosi a destinarvi almeno lo 0,70% del proprio reddito nazionale lordo. Tutti punti che riguardano anche il nostro Paese. «É positivo che l’Italia, assieme alla maggioranza dei Paesi che parteciperanno alla Conferenza di Siviglia, sia per la riconferma dell’impegno dello 0,70% per gli aiuti – conclude Petrelli –. Ma è ora necessario che alle dichiarazioni di intenti seguano i fatti, considerando che il nostro Paese è ancora ben lontano da questo obiettivo, fermo allo 0,28% di Aps. Chiediamo inoltre che l’Italia abbia più coraggio e stringa alleanze strategiche con altri Paesi per combattere le disuguaglianze e contrastare l’attacco in corso al sistema multilaterale, favorendo processi più paritari e democratici, attraverso cui affrontare sinergicamente le questioni del debito, degli aiuti e di una tassazione globale più equa».

(Fonte: https://www.avvenire.it/attualita/pagine/oxfam-l-incremento-in-10-anni-della-ricchezza-dell-1-piu-facoltoso-supera-di-22-volte-le-risorse-necessarie-per-porre-fine-alla-poverta)