Con la Legge 116 del 23 luglio 2012 è stata ratificata l’esecuzione del trattato istitutivo del MES, (European Stability Mechanism, ESM) da parte dell’Italia. Il Parlamento, con il 78,5% del voto dei presenti, appartenenti a forze politiche di entrambe le coalizioni, ha autorizzato il Presidente della Repubblica alla promulgazione della Legge, avvenuta il 29 luglio successivo, nonché la copertura finanziaria necessaria alla sottoscrizione del capitale per la partecipazione del Meccanismo Europeo di Stabilità.
Il Trattato è stato firmato il 2 febbraio 2012 dall’Italia e da altri 16 stati dell’Unione Europea, (1); solo un mese dopo, il 2 marzo 2012, tutti gli stati membri ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca) hanno sottoscritto il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione Europea, il cosiddetto “Fiscal Compact”.
L’Italia con la Legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012 ha riformulato l’art. 81, sancendo definitivamente il principio costituzionale del pareggio del bilancio, attraverso l’equilibrio strutturale di entrate e spese e all’articolo 97 al primo comma ha premesso il seguente: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico».
I passi appena richiamati hanno delineato, in soli cinque mesi, un percorso tendente a salvaguardare la stabilità, il coordinamento e la governance di tutta la zona euro al quale la maggior parte delle forze politiche italiane non si è sottratta, pur consapevole degli obblighi e dei vincoli da rispettare.
Occorre tuttavia accennare alla situazione italiana appena precedente al suddetto periodo. Nell’autunno 2011 si verifica un aumento significativo dello “spread” tra i rendimenti dei titoli di stato italiani e quello dei titoli dei Paesi “core” dell’Eurozona. Si palesano rischi di insolvenza di Spagna e Italia e fuga degli investitori; la BCE manifesta preoccupazione per la stabilità dell’Euro e con una lettera del 5 agosto 2011 di Jean Claude Trichet e Mario Draghi, chiede all’Italia di anticipare “il risanamento fiscale e le riforme”. Il Governo italiano promette di varare nuove misure che portino al pareggio del bilancio entro il 2013. Dal 7 agosto 2011 la Banca Centrale Europea inizia ad acquistare titoli di Stato italiani e spagnoli nel mercato secondario, ma nonostante ciò le tensioni sui mercati non si placano e le forti pressioni europee costringono il governo Berlusconi a dimettersi. A novembre 2011 nasce il governo Monti. Il rapporto deficit/PIL è al 3% e il rapporto debito/PIL è al 127%. La crisi di liquidità dello Stato è drammatica.
Il MES è una vera e propria istituzione nata attraverso un accordo intergovernativo, ovvero al di fuori del quadro giuridico della UE. La sua funzione fondamentale è concedere, sotto condizionalità, assistenza ai paesi dell’area dell’euro che, pur avendo un debito pubblico sostenibile, trovino temporanee difficoltà a finanziarsi sul mercato; il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria deve aiutare a sviluppare un coordinamento più stretto all’interno dell’area euro per garantire una sana gestione delle finanze pubbliche. I due trattati sono tra loro complementari nel promuovere la responsabilità e la solidarietà di bilancio all’interno dell’Unione Europea. La riscrittura dell’art. 81 della nostra Costituzione sancisce un principio fondamentale di buona finanza, che è quello di mantenere l’equilibrio delle entrate e delle spese pubbliche, riducendo progressivamente l’insostenibilità del debito e la premessa aggiunta al primo comma dell’art. 97 afferma un concetto analogo riferendosi all’intero complesso della pubblica amministrazione.
L’Italia, il terzo membro per importanza del MES, dopo Germania e Francia, ha sottoscritto quote per oltre 125 miliardi di Euro – pari a 1.253.959 quote (che rappresentano il 17,9137% del capitale totale pari a 700 miliardi di Euro) versandone oltre 14. La parte del capitale sottoscritta ma non versata è “richiamabile” in qualsiasi momento in caso di necessità: vale a dire che i membri del MES si impegnano a fornire il finanziamento corrispondente con breve preavviso. Il totale del capitale attualmente versato da tutti gli stati partecipanti supera gli 80 miliardi. L’Italia ha fornito complessivamente, anche prima della istituzione del MES sostegno finanziario in forma bilaterale per 44 miliardi di Euro.
Il MES può operare congiuntamente con il Fondo monetario internazionale, può aprire linee di credito, concedere prestiti o acquistare i titoli di Stato del paese cui presta assistenza. Il suo intervento non avviene mai nella forma di trasferimenti a fondo perduto. Si finanzia emettendo titoli obbligazionari sul mercato anche a lunghe scadenze e i suoi prestiti godono di uno status creditizio secondo solo a quello del FMI. Per queste ragioni può indebitarsi a condizioni molto vantaggiose. Il MES ha erogato finora prestiti a tre Paesi : Grecia, Spagna e Cipro con scadenze lunghe e tassi contenuti al massimo dell’1,6%. I programmi di assistenza sono chiusi e i rimborsi sono in corso.
Il Governatore della Banca d’Italia ha illustrato alle Commissioni parlamentari, nel mese di dicembre scorso, le prospettive di riforma del trattato, fondate su un accordo di massima sancito nel summit europeo di fine 2018 e suscettibili di diventare operative solo quando la riforma sarà ratificata da ogni singolo Paese.
Tali modifiche ribadiscono tuttavia principi di buon senso già presenti nel Trattato. Per il MES come per qualunque altro prestatore, l’erogazione di credito a chi ha un debito non sostenibile, rappresenterebbe un trasferimento di risorse a fondo perduto. Per queste ragioni le condizionalità che accompagnano i finanziamenti dell’ESM restano rigorosi, perché sono presidi a tutela delle risorse che i paesi dell’area dell’euro, tra i quali l’Italia, che, come ricordato, è al terzo posto in termini di impegno finanziario, hanno “investito” nell’istituzione.
L’attuale dibattito sulla esistenza o attenuazione delle condizionalità, per valutare l’accesso o meno all’intervento del MES, che divide le diverse posizioni all’interno del governo, mi riesce, alla luce di quanto sopra, poco comprensibile. E’ del tutto evidente che l’Italia, come anche altri paesi europei, non ce la faranno da soli ad uscire da un’emergenza come quella che stiamo sopportando anche perché la salute dei nostri conti pubblici era già delicata prima dell’avvento della pandemia. Prediligere una modalità di aiuto, piuttosto che un’altra come gli eurobond, non cambia la sostanza perché sempre di nuovo debito si tratta, che dovrà pur essere onorato. Qualunque prestatore lo pretende. E le garanzie di restituzione, per essere credibili, devono essere rigorose attraverso un cambio di passo, che in ogni caso sarà indispensabile. Se l’offerta del MES sarà quella di un sostegno limitato alla contingenza sanitaria attuale, e se le condizioni del prestito saranno meno onerose rispetto ad altre, converrà utilizzare questa opportunità.
Rispetto agli eurobond – rammento che sono stata l’artefice della prima emissione storica di obbligazioni in Italia avvenuta nel mio Comune e quindi il tema mi è caro – non mi è chiaro quali siano i possibili acquirenti e destinatari della loro emissione. Se vogliamo evitare investitori istituzionali nazionali ed esteri, restano i risparmi dei cittadini giacenti sui conti correnti per circa 1.500 miliardi. Ma pur offrendo un tasso come quello praticato dal MES dubito che rappresentino per i risparmiatori una discreta appetibilità rispetto ad una durata di rimborso del capitale che dovrà per forza essere molto lunga, forse quasi una vita, vista l’incertezza del momento sulle prospettive di una ripresa dell’occupazione e della produttività.
La strada maestra non può che essere quella di ridurre l’entità del debito, mantenendo basso il suo costo medio, realizzando un avanzo primario e mettendo in atto tutte le misure possibili per consolidare la finanza nazionale, anche attraverso una diversa scelta delle priorità di intervento dello Stato. Almeno questo il Covid19 ce lo sta già insegnando.
(1) Regno del Belgio, Repubblica Federale di Germania, Repubblica di Estonia, Irlanda, Repubblica Ellenica, Regno di Spagna, Repubblica Francese, Repubblica di Cipro, Granducato del Lussemburgo, Repubblica di Malta, Regno dei Paesi Bassi, Repubblica d’Austria, Repubblica portoghese, Repubblica di Slovenia, Repubblica Slovacca, Repubblica di Finlandia. (membri del MES oltre alla Repubblica Italiana).