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Debito

Seguendo la guida di don Milani, in questo anno centenario della sua nascita, s’incontrano i grandi problemi che impegnano e affliggono anche oggi la scuola e la società. Tra questi, l’Associazione art. 53 ha documentato la denuncia che don Milani aveva fatto del tradimento di questo articolo («Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»), decisivo per la sopravvivenza della Repubblica. Diceva don Milani: «Mettetevi in uno stato d’animo di sovrani; smettete di aver paura. Non so se sapete che le tasse le pagate voi, non i ricchi».

Mi permetto a questo punto di ricordare che giusto trent’anni fa, fondammo l’ARDeP, associazione per la riduzione del debito pubblico, apartitica, democratica, senza fini di lucro costituita con statuto approvato e registrato in Roma dal notaio Intersimone il 18-12-1993, per: a) denunciare la gravità di un problema poco conosciuto nelle sue cause e nelle sue dinamiche inique e distruttive dei valori di solidarietà, b) lanciare un segnale antagonistico rispetto all’evasione fiscale, c) impegnarsi, nei limiti del possibile, a fare interagire fra loro informazione, coscientizzazione, elaborazione scientifica e tecnica, pressione sui politici e sulle istituzioni, perché si sviluppino per il debito processi comparabili a quello che si fa per altri «mali comuni», dall’inquinamento alla droga, dalla fame nel mondo all’Aids, dalle emergenze naturali all’usura, dagli incendi boschivi alla delinquenza organizzata, dal sottosviluppo alla guerra. Greta Thunberg non era ancora nata, ma un drappello di persone elette nel Consiglio nazionale della pubblica Istruzione già pensava, in seguito all’allarme lanciato nel ’92 dal presidente del Consiglio Giuliano Amato, che il bilancio dello Stato era in grave pericolo di bancarotta.

Di fronte ai dubbi e allo scetticismo di molti, che vedevano lo Stato come un onnipotente e rapace tiranno, il sottoscritto indirizzò un paio di lettere al presidente Amato, impegnandosi a versare all’erario il dieci per cento del proprio stipendio, per convincere le persone che, con un debito pubblico crescente e con l’aumento del costo per pagare gli interessi, si sottraggono risorse agli investimenti produttivi, al lavoro, alle politiche giovanili, alla scuola, alla ricerca e all’università, alla sanità, all’assistenza ai più deboli e si inducono i governi a tenere alta la pressione fiscale, con penalizzazione delle categorie produttive e riduzione di posti di lavoro. Prima delle analisi allarmate dei demografi e dei sociologi, l’ARDeP ha inteso dar voce ai figli e ai nipoti, i più penalizzati dal disastro dei conti pubblici. Si voleva testimoniare che la morale del farsi solo i fatti propri è irragionevole e pericolosa, in sostanza un pessimo affare. Lo aveva detto, con pungente ironia il Molière: «Se i furfanti sapessero quanto si guadagna ad essere onesti, sarebbero onesti per furfanteria». Abbiamo ottenuto uno «sportello» per far confluire nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato anche i contributi volontari dei cittadini. Chiedemmo che questo fondo fosse pubblicizzato e gestito in modo manageriale, perché pagare i debiti, per restare dignitosamente in Italia e in Europa, contribuendo a renderla più efficiente, è un investimento, non un costo.

Il Corriere della Sera, il 29.1.1994, nella rubrica «Ogni giorno una buona notizia», segnalò l’esistenza di un’associazione per la riduzione del debito pubblico, concludendo: «Mobilitiamoci tutti contro la bancarotta dello Stato».
(tratto dal Giornale di Brescia del 19 dicembre 2023)

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