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Etica e politica

In tempo di guerra e pandemia raddoppia l’indennità ai sindaci

La notizia è passata in sordina a causa della modalità di formulazione della legge – quella che approva il bilancio dello Stato per l’anno 2022 – che si limita a parametrare in misura percentuale le indennità di funzione degli amministratori locali a quella dei presidenti delle Regioni a statuto ordinario, (come individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174), senza indicarne in maniera esplicita i valori.

Ma i costi non sono irrilevanti: a regime 220 milioni di Euro all’anno di spesa pubblica aggiuntiva, tutti finanziati con maggiore debito (oggi al 156% del PIL nazionale) e 44 milioni di effetti indotti da maggiori entrate tributarie locali. La misura, e non lo si scrive con intento polemico, ma paradossalmente con l’estrema consapevolezza della vergognosa strumentalizzazione che si è fatto in un recente passato dei costi della politica, è stata approvata anche dai parlamentari di quei “partiti” che sull’onda della protesta contro i privilegi della casta hanno creato in passato le loro fortune elettorali.

Infatti, tra il cavalcare e fomentare furiosamente la rabbia di ieri e chiedere il raddoppiamento delle indennità oggi, dopo la pandemia (non ancora terminata) e la guerra in Ucraina in corso, è lecito domandarsi in quale buco nero sia finita la coerenza. Le motivazioni, però, pare vadano ricercate nella necessità di migliorare – nobile fine – la qualità del “personale” politico addetto al governo locale, che conta sul territorio nazionale di 6'565 enti su un totale di 7'903, comprensivo quest’ultimo degli enti locali delle Regioni a statuto speciale escluse dal provvedimento.

Le nuove indennità dovrebbero favorire le candidature alla carica di Sindaco anche di persone con livelli di competenze elevate e con redditi medio alti cui queste ultime potrebbero rinunciare per svolgere l’attività di amministratore a tempo pieno. Ma anche nel fatto che gli attuali compensi sono datati all’anno 2000, ridotti del 10% nel 2006 e rivalutati per i soli comuni fino a 3 mila abitanti solo nel 2019.

In altre parole, una sorta di campagna acquisti come nel calcio, in cui i partiti sono i procuratori…

L’indennità resta agganciata, come in passato, alla dimensione demografica dell’ente, ma viene calcolata in misura percentuale al compenso massimo percepito dai Presidenti delle Regioni a statuto ordinario che equivale a 13'800 euro lordi mensili. L’applicazione della misura sarà graduale a meno che l’Ente sia in grado di garantirne totalmente la copertura finanziaria a partire dall’anno in corso, il 2022, con proprie risorse e senza alterare gli equilibri di bilancio.

Ai Sindaci delle Città Metropolitane è garantito il raddoppio dell’attuale indennità in quanto riceveranno il 100% del compenso previsto per i Presidenti di Regione. Le indennità di funzione da corrispondere ai vicesindaci, agli assessori ed ai presidenti dei consigli comunali sono adeguate all’indennità di funzione dei corrispondenti sindaci come incrementate per effetto di quanto sopra con l’applicazione delle percentuali previste per le medesime finalità dal decreto del Ministro dell’interno del 4 aprile 2000, n. 119.

Ma quali saranno gli effetti per i cittadini chiamati, di fatto, a finanziare questi aumenti?
Una amministrazione delle loro risorse a livello locale più consapevole e manageriale?
Maggiori e più efficienti servizi pubblici?

Sarà tutto da verificare, anche perché, come è noto, la scelta delle candidature avviene per iniziativa delle forze politiche che basano, di norma, le loro scelte non tanto sulle competenze possedute dal loro personale politico, ma piuttosto sulla capacità di quest’ultimo di ottenere consenso e quindi di vincere le elezioni.

Per poter svolgere la funzione di amministratore locale, e anche quella di rappresentante nelle istituzioni nazionali, come è noto, è sufficiente dimostrare di sapere leggere e scrivere. Non vengono richieste altre conoscenze, nemmeno quella della Costituzione Italiana a cui si giura fedeltà.

Forse, la manovra espansiva contenuta nell’ultima legge di bilancio, che prevede un livello massimo di ricorso al mercato finanziario (al netto delle operazioni di rimborso del debito preesistente) di 480 miliardi nel 2022, 490 miliardi nel 2023 e 435 miliardi nel 2024, avrebbe potuto essere accompagnata, per la specifica misura di cui si tratta, di qualche disposizione atta a verificare almeno un minimo di competenze da possedere per accedere alle cariche istituzionali, alla stregua di quanto avviene da sempre per l’assunzione dei dipendenti pubblici ai relativi impieghi.

Altrimenti a pagarne ancora le spese, previste anche nella legge di bilancio 2020 (Art. 1 commi da 567 a 582) a ripiano dei disavanzi e delle difficoltà economiche dei comuni, continueranno ad essere i soliti noti.

Fonte: https://www.laportadivetro.org/in-tempo-di-guerra-e-pandemia-raddoppia-lindennita-ai-sindaci/

 

Il lascito di David Sassoli

Ho chiesto a mia figlia Laura se aveva registrato la cerimonia della messa funebre svoltasi nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli, in cui, venerdì 14 gennaio, si è dato l’ultimo saluto ufficiale a David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo. Non è stata solo una messa solenne, alla presenza delle massime autorità italiane ed europee, ma un evento corale e polifonico, solenne e familiare, sofferto e gioioso, biografico e storico, evocativo e testimoniale, che offre una preziosa occasione per capire qualcosa di più dell’educazione in famiglia, nei gruppi associativi giovanili, in particolare studenteschi, professionali, politici, e della vita delle istituzioni.

Queste istituzioni, dal livello di quartiere a quello nazionale, europeo e mondiale, non cadono dal cielo e non sono per necessità, come alcuni pensano, espressioni di poteri inutili o incapaci o corrotti. E le chiese non sono solo monumenti da contemplare come opere d’arte, utili a promuovere il turismo; e le prediche non sono solo rituali arcaici che parlano di un Dio che interessa solo ai creduloni o ai fanatici. Se si rivedessero le immagini delle folle silenziose e le parole dette per ricordare e onorare Sassoli in Campidoglio, nelle due Camere del Parlamento, e ciò che si è detto in chiesa a commento del Vangelo sulle Beatitudini, nell’omelia del cardinal Zuppi, vescovo di Bologna, e negli interventi dei familiari, degli amici, dei giovani scout, dei colleghi, si ricaverebbero spunti per ricostruire non solo la biografia di una persona, lo stile di una famiglia e di gruppi in cui sono maturate idee ed esperienze che nascono nel privato e s’intrecciano nel religioso, nel sociale, nel pubblico, nel politico istituzionale, senza confusioni e senza stonature.

Il protagonista silenzioso dell’incontro, insieme religioso e civile, istituzionale e intergenerazionale, è stato proprio David, chiuso in una bara ricoperta dalla bandiera con le dodici stelle. Suo figlio Giulio ha detto che suo padre ha continuato a vivere e a lottare con mitezza, dignità, speranza e amore, parole che ha ripetuto fino alla fine, senza far pesare la sua sofferenza. Lo ha salutato come lui salutava i suoi figli: ciao, papà, mi raccomando, fai giudizio. Giulia gli ha augurato, alla maniera scout, “buona strada”.

Ricordo la risposta che ci diede il card. Martini quando gli chiedemmo, nel 2002, se era giusto insistere perché il documento fondativo dell’UE facesse esplicito riferimento alle radici cristiane. Rispose che era importante che ci si impegnasse a vivere e a concorrere alla costruzione europea da cristiani, in spirito di libertà responsabile e di servizio. È certo importante che ci siano credenti che si facciano sentire e vedere, ma ciò che importa è che siano credibili. Nel Vangelo di Matteo si legge. “Dai loro frutti li riconoscerete”.

Molti non sapevano nulla del percorso educativo culturale e politico di Sassoli, perché lui non utilizzava la sua carica per fare proseliti alla sua appartenenza politica. Non sapevano che a difendere in modo intransigente i principi fondativi dell’UE fu lui, parlando chiaro a quei paesi che dall’Europa vogliono risorse, per costruire muri contro persone immigrate, senza farsi carico dei problemi del mondo. E volle che il Palazzo restasse aperto anche durante la pandemia e che una sua parte fosse aperta per accogliere quelli che dormivano al freddo. Una sua ex collega del TG1 ha detto rivolgendosi a lui: “Hai sfondato i muri con la gentilezza”.

E’ stato lui a dare una dignità e un nuovo ruolo al Parlamento europeo e al ruolo del suo Presidente, inserendolo fra le altre autorità di vertice, Commissione e Consiglio Europeo. Senza la sua capacità di ascoltare, di convincere e di mediare con intese efficaci fra i poteri che gli stati tendono a conservare per sé stessi, procedendo a velocità di comodo, non ci sarebbero stati il Next Generation EU né la mutuazione del debito fra gli stati, in occasione della pandemia. Torniamo alle radici personali di questa forza spirituale.

Sua moglie Alessandra: “Ci siamo cercati e trovati quando eravamo al liceo. È troppo presto, per le tante cose che avevamo ancora da dirci, per il futuro che progettavamo per noi due e i nostri ragazzi. Ce le diremo ancora quelle cose, penseremo ai progetti e immagineremo il futuro. Cammineremo certi della tua presenza, che ci accompagnerà ancora ma in un altro modo, più denso e profondo. Il vuoto prodotto da una perdita può trasformarsi in pieno”.

La pandemia della disuguaglianza

Leggendo “La pandemia della disuguaglianza”, il nuovo rapporto pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos, viene in mente un testo di Jean Jacques Rousseau: «Il primo uomo che, avendo recintato un terreno, ebbe l'idea di proclamare questo è mio, e trovò altri così ingenui da credergli, costui è stato il vero fondatore della civiltà. Quanti delitti, quante guerre, quanti assassinii, quante miserie, quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i pali o colmando il fosso, avesse gridato ai suoi simili: "Guardatevi dall'ascoltare questo impostore; se dimenticherete che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, sarete perduti!".»

Se prendiamo sul serio i dati forniti da Oxfam, viene davvero da chiedersi se la nascita della civiltà fondata sulla proprietà privata sia stata un bene per l’umanità. Il dubbio appare legittimo, sapendo che i 10 uomini più ricchi del pianeta nel tempo della pandemia hanno raddoppiato le proprie fortune, mentre nel mondo si stima che 163 milioni di persone in più sono cadute in povertà. I 10 super-paperoni detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, ovvero di 3,1 miliardi di persone.

Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, ogni giorno un nuovo miliardario si è unito ad un club composto da oltre 2'600 super-ricchi, le cui fortune sono aumentate di ben 5 mila miliardi di dollari tra marzo 2020 e novembre 2021. Il surplus patrimoniale del solo Jeff Bezos, fondatore di Amazon, nei primi 21 mesi della pandemia (+81,5 miliardi di dollari) equivale al costo stimato della vaccinazione (due dosi e booster) per l’intera popolazione mondiale.

Mentre i monopoli detenuti da Pfizer, BioNTech e Moderna hanno permesso di realizzare utili per 1'000 dollari al secondo, meno dell’1% dei loro vaccini ha raggiunto le persone nei Paesi a basso reddito. La percentuale di persone con COVID-19 che muore a causa del virus nei Paesi in via di sviluppo è circa il doppio di quella dei Paesi ricchi, mentre ad oggi nei Paesi a basso reddito è stata vaccinata appena il 4,81% della popolazione.

È il virus della disuguaglianza, non solo la pandemia, a devastare e sopprimere così tante vite. Ogni 4 secondi 1 persona muore per mancanza di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per violenza di genere: fenomeni connotati da elevati livelli di disuguaglianza. Si potrebbe continuare a lungo a snocciolare i dati, ma gli esiti non cambierebbero.

Eppure la Dichiarazione universale dei diritti umani stabilisce che tutti gli esseri umani sono eguali in dignità e che devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. La Costituzione delle Repubblica italiana sancisce il dovere inderogabile di solidarietà e pone limiti alla proprietà privata allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. Parole al vento, per dirla con Bob Dylan.

Ernesto Balducci sosteneva che i ricchi sempre si opporranno alla democrazia planetaria, perché il primo partito sarebbe quello dei poveri. Per questa ragione l’ONU non ha poteri adeguati e non fa quello che dovrebbe. Ogni anno a Davos, in Svizzera, il principale paradiso fiscale del mondo, va in scena lo show dei ricchi che si confrontano sugli scenari sul futuro. I poveri non sanno nemmeno se Davos esista e tutto sommato hanno altri problemi legati alla sopravvivenza quotidiana.

Nella antica Grecia si racconta che Diogene di Sinope una volta uscì di casa con una lanterna di giorno, e, alla domanda su che cosa stesse facendo, rispose: "cerco l'uomo!". Lo presero per pazzo, ma forse oggi avremmo bisogno di qualche miliardo di Diogene per ridare dignità a questa umanità sottomessa e calpestata.

 

La disuguaglianza uccide come e più della pandemia

Apparirà paradossale, ma la pandemia nella sua dimensione globale ha scoperchiato, più di altre situazioni, il vaso di Pandora della diseguaglianza sociale. L’ha fatto offrendo un termine di confronto quotidiano, ricordando il numero delle vittime, la provenienza, la reazione degli Stati, le percentuali di vaccinati in diverse parti del mondo ed tanti altre pagine con cui si è ricomposto il libro della ricchezza e della povertà nel mondo. E il tutto, se vogliamo, lo ritroviamo scientificamente provato è nell’ultimo rapporto OXFAM “Inequality Kills” appena pubblicato in occasione del World Economic Forum di Davos.

Dall’inizio della pandemia in Europa e nel Regno Unito la ricchezza dei miliardari è aumentata di 642 miliardi – un aumento del 46% – mentre il 99% della popolazione più povera lo è ancora di più a causa della Covid-19. Questa situazione provoca la morte di 21'300 persone al giorno per mancanza di accesso all’assistenza sanitaria, per violenza di genere, fame, disgregazione sociale e climatica. Nel mondo, 163 milioni di persone in più sono cadute in povertà; in Italia, nel solo anno 2020, sono state un milione, 400'000 famiglie che hanno dovuto ridurre i loro consumi per l’impossibilità di farvi fronte. L’allargamento delle disuguaglianze sta lacerando la convivenza civile e il nostro pianeta.

OXFAM Italia ci ricorda che è il modo in cui le nostre società e le nostre economie funzionano a produrre disuguaglianza. La pandemia da coronavirus ha peggiorato le disparità già preesistenti nel nostro Paese così come nei Paesi di tutto il mondo: “le politiche economiche e la cultura politica e sociale stanno perpetuando la ricchezza e il potere di pochi privilegiati a detrimento della maggioranza dell’umanità e del pianeta”. È quanto accade non è casuale ma per scelta, quando le politiche vanno a favore delle persone più ricche e più potenti. Questa situazione potrebbe essere evitata, continua il rapporto, se in Italia si riuscisse a superare il tabù politico, per quasi tutti i partiti, dell’istituzione di una imposta patrimoniale una tantum sul patrimonio di miliardari e multimilionari.

Prelievo una tantum sui “Paperon de’ Paperoni”

Nell’Unione Europea e nel Regno Unito avrebbe un gettito di 424 miliardi di euro annui, equivalenti a 5 volte il budget settennale dell’Unione Europea per la cooperazione allo sviluppo e 140 volte il contributo dato dagli stati membri europei per la donazione di vaccini ai Paesi più poveri. Con un prelievo una tantum sulle 10 persone più ricche al mondo si potrebbe, pur consentendo a queste persone di essere più ricche di 8 miliardi rispetto a prima della pandemia, di produrre, a livello globale, sufficienti vaccini contro il virus per ogni abitante della Terra, fornire assistenza sanitaria e protezione sociali universali e finanziare la lotta contro i cambiamenti climatici.

Dalla lettura del rapporto emergono critiche verso i provvedimenti fiscali e sociali assunti anche dal Governo italiano, seguite da raccomandazioni ad intervenire in alcuni ambiti, come quello che riguarda il sistema fiscale, verso la cui revisione l’Italia ha già compiuto un primo passo con l’approvazione della Legge di Bilancio 2022. Tale impianto, tuttavia, “ha sacrificato la funzione redistributiva della leva fiscale, non ha affrontato la ricomposizione del prelievo e non ha tenuto conto dell’obiettivo di rafforzare l’equità orizzontale del sistema d’imposizione”.

Mancando oggi uno spazio politico per una riforma in grado di recuperare tali limiti, il rapporto auspica che le molteplici e contraddittorie indicazioni dell’attuale maggioranza al governo, portino quanto meno a non sacrificare la riforma del catasto, a non ridurre il prelievo sui redditi finanziari e di capitale, a non perpetrare l’attuale sistema di tassazione separata sui redditi immobiliari.

Salario minimo e aumento delle retribuzioni

Altro ambito riguarda il lavoro: innalzamento dei salari minimi – in Italia i più bassi d’Europa – e interventi redistributivi che riducano la svalutazione del fattore lavoro e impediscano di ricorrere a forme contrattuali atipiche e poco remunerate, rafforzando la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. La ripresa occupazionale avvenuta nel 2021 non è trainata da lavoro stabile e il rischio è quello di doverci proiettare nuovamente nella situazione pre pandemica.

L’appello di OXFAM chiude con una nota di speranza: è possibile recuperare tale situazione ridisegnando in modo radicale le economie di tutto il mondo per indirizzarle all’uguaglianza, riducendo le ricchezze estreme attraverso una tassazione progressiva, investendo in misure pubbliche forti per spostare coraggiosamente il potere nell’economia e nella società e creare un’economia in cui la disuguaglianza non può più uccidere. Il futuro è uguale per tutti.

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1 https://www.oxfam.org/en/research/inequality-kills

 

Fonte: https://www.laportadivetro.org/la-disuguaglianza-uccide-come-e-piu-della-pandemia/

 

Meno risparmiatori ma più ricchi

Più risparmi con meno risparmiatori. Si potrebbe sintetizzare così il principale risultato della ricerca realizzata dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani nel 2021. Infatti dall’indagine emerge che nell’ultimo anno i risparmi degli italiani sono aumentati di 110 miliardi di euro, mentre i risparmiatori sono diminuiti di 6,5 punti in percentuale. Detto in un altro modo: sono aumentate le disuguaglianze.

In questo scenario il Covid è stato un attore protagonista: il 36,8% ha visto ridursi o azzerarsi le entrate ordinarie a causa delle conseguenze economiche della pandemia. In particolare il 19,6% dichiara che le entrate sono «un poco» diminuite, il 15,7% che sono «molto» diminuite e l’1,5% che tutte le entrate sono state perdute. Queste percentuali mostrano che la perdita media di reddito netto familiare, pari a 105 euro mensili, non ha riguardato tutti: si è avuta una forte concentrazione dell’impatto economico, che si è scaricato su poco più di una famiglia su tre.

Di fronte all’emergenza, le famiglie italiane erano preparate? Nonostante l’ampio serbatoio di risparmio privato, in realtà la maggioranza non lo era. Infatti, è risultato che il 53% delle famiglie non aveva accantonato un fondo di riserva, ossia non aveva depositi liquidi sufficienti o strumenti finanziari monetari liquidabili immediatamente per far fronte ad una emergenza economica come quella che abbiamo vissuto. Le istituzioni pubbliche sono intervenute per mitigare l’impatto della crisi. In media, i sussidi o altre forme di supporto economico hanno raggiunto il 28% delle persone, quindi hanno servito il 74% di coloro che hanno perduto entrate.

La pandemia è intervenuta anche sui comportamenti di risparmio, evidenziando due cambiamenti. Anzitutto, la diminuzione, dal 55,1% al 48,6%, della quota di risparmiatori, per effetto delle ridotte disponibilità: di conseguenza il numero dei non risparmiatori ha superato quello dei risparmiatori. Inoltre, tra i risparmiatori sono cresciuti (di 6,7 punti percentuali) quelli involontari, essenzialmente per non essere riusciti a spendere nell’anno della pandemia a causa delle restrizioni di attività e mobilità. Chi ha avuto la possibilità di risparmiare, l’ha fatto ampiamente: il monte risparmi complessivamente è salito di 110 miliardi di euro. Mediamente per i risparmiatori si tratterebbe di un aumento di quasi 4.000 euro pro capite.

Gli investimenti finanziari sono stati ridotti e messi in larga parte in standby proprio dall’incertezza pandemica, ma anche dalla difficoltà oggettiva di incontrare sul mercato investimenti corrispondenti agli obiettivi dei risparmiatori, che nel 2021 hanno privilegiato nel lungo periodo la sicurezza (ossia il desiderio di non perdere il capitale investito) e nel breve periodo la liquidità (per poter far fronte alle emergenze). Da notare che soltanto il 6,7% del campione – ma si sale al 14% tra i laureati – risulta interessato agli investimenti etici e a impatto positivo sull’ambiente e sulla società.

La maggioranza tra i risparmiatori vorrebbe per il momento aspettare a spendere e tenere da parte il gruzzoletto accantonato: si tratta del 64%. Non è tuttavia la parte più abbiente, bensì quella più avanti negli anni e che appartiene al ceto medio-basso e con limitata istruzione. Il restante 36%, che include i laureati, i giovani e gli appartenenti al ceto medio-alto e per reddito, è di opinione diversa e vorrebbe rilanciare i suoi consumi, anche se con priorità differenti. Il ceto medio è pronto a spendere di nuovo, nell’ordine, in viaggi, in una nuova auto o nuovi beni durevoli, al terzo posto in una casa nuova. I laureati mettono sempre in cima alla lista un viaggio, segno che la fermata dei movimenti è stata sofferta, ma invertono le preferenze che vengono dopo: prima la casa e poi una nuova auto. I giovani mettono al primo posto la casa, poi l’auto e infine i viaggi.

Le case degli italiani sono mediamente più piccole (81 mq) di quelle degli spagnoli (96 mq), dei francesi (102 mq) e dei tedeschi (109 mq): la didattica a distanza e lo smart-working hanno mostrato l’insufficienza del patrimonio abitativo italiano. Il 18% del campione ha dichiarato che, a seguito della pandemia, giudica oggi insufficiente lo spazio della propria casa. D’altra parte è necessario sottolineare che il 16,8% dei possessori di un mutuo per la casa ha chiesto e ottenuto la sospensione, quota che sale al 31,5% tra coloro che in famiglia hanno avuto un impatto sanitario relativo al Covid.

Le fasce di età che evidenziano uno stato di maggiore preoccupazione per il futuro sono quelle intermedie, ossia fra i 35 e i 64 anni. L’apprensione è strutturalmente salita non tanto riguardo alla salute, quanto piuttosto al lavoro e al reddito. È salita di 10 punti percentuali, al 54%, la quota delle persone preoccupate della possibilità di subire una diminuzione temporanea del reddito; il 63% (+13 punti rispetto all’anno precedente) teme invece una perdita permanente del reddito.

I problemi economici e finanziari nel tempo della pandemia sarebbero stati estremamente più seri senza i benefici decisi dall’Unione Europea. La differenza tra la quota di intervistati che hanno fiducia nell’Europa rispetto a coloro che non ce l’hanno è di 46 punti percentuali. Tale risultato segna un progresso notevole rispetto al 2020, quando lo stesso saldo era stato appena di 26 punti in percentuale. Interessante notare che il tasso di approvazione dell’Europa aumenta con il livello di istruzione e non con i trasferimenti di cui si è beneficiato. In altri termini, l’Europa è apprezzata non per avere ricevuto trasferimenti di denaro ma per la sua attuale politica economica in risposta alla pandemia.

 

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